Page 496 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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ni . Scala, inoltre, ricordava altre azioni condotte dai bersaglieri, in cui oltre all’aspetto
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propriamente operativo emergeva un’attività che oggi definiremmo di intelligence, come la
cattura e la successiva fucilazione del generale carlista Borjes, la cui piccola banda, dopo le
segnalazioni dei carabinieri di Cappelle e del sotto-prefetto del circondario, fu intercettata
l’8 dicembre 1861 dal maggiore Enrico Franchini, comandante del I Battaglione bersaglie-
ri, poco prima che passasse la frontiera pontificia o l’azione preparata da due bersaglieri,
Giovanni Ghiglino e Giulio Longhi, che agirono sotto copertura. Nel giugno 1861, questi
due bersaglieri del XXX Battaglione, distaccato a Maddaloni, contattati da alcuni ex mili-
tari borbonici che cercavano di convincerli a passare dalla loro parte, con l’approvazione dei
superiori, finsero di aderire ad un complotto che prevedeva l’insurrezione di Caserta. Poco
prima del giorno del tumulto stesso, il 23 giugno, i due militari che erano in compagnia
della banda, con uno stratagemma riuscirono a distaccarsene e ad avvisare il comando di
battaglione che, organizzata una robusta pattuglia, distrusse la banda la stessa notte. Nello
scontro morirono 20 briganti e 6 furono fatti prigionieri, mentre i bersaglieri ebbero solo
due caduti . Nel 1979, anche Albonico nella sua monografia sulla mobilitazione legit-
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timista contro il regno d’Italia, accennava ad alcune operazioni speciali progettate tra il
deputato Stefano Romei e il segretario generale del ministro degli Interni di allora, Silvio
Spaventa che, con l’impiego di un gruppo di 20 bersaglieri, prevedevano il rapimento del
noto capo legittimista Tristany .
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Lo Scala non diede delle cifre complessive sulle perdite dei bersaglieri, ma solo su quelle
dei briganti, affermando che in combattimento e fucilati furono uccisi 4.351, mentre ne
furono arrestati 2.758 . La figura che comunque interpretò le speciali qualità dei bersa-
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glieri, tra cui la loro eccezionale mobilità, e che seppe trasfonderle nei metodi della lotta al
brigantaggio, secondo Scala, fu proprio il generale Pallavicini, proveniente dai bersaglieri .
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Nel 1963 Perrone pubblicava un’opera sul brigantaggio che, pur affrontando alcuni
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aspetti militari del fenomeno non aggiungeva nulla di nuovo al lavoro storiografico del
Cesari, il vero cambiamento d’indirizzo avvenne un anno dopo, con la pubblicazione del
volume di Franco Molfese. Il suo volume , indiscutibilmente dìimpostazione gramsciana,
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è rimasto, fino ad ora, l’interpretazione più completa e suggestiva sul fenomeno, in una
128 Ibid., p.123. Erano il III e il XIII battaglione bersaglieri.
129 Ibid., pp.130-133.
130 A. AlBonico aldo, La mobilitazione legittimista contro il Regno d’Italia: la Spagna e il brigantaggio
post-unitario, op. cit., pp. 231-235.
131 Ibid., p.128.
132 Ibid., p.129. Secondo Scala fu lui che presumibilmente organizzò pattuglie di bersaglieri a cavallo “le
quali, essendo i briganti quasi tutti montati, resero importanti e segnalati servizi”.
133 A. perrone aldo, Il Brigantaggio e l’Unità d’Italia, Milano-Varese, Cisalpino, 1963.
134 F. MolFeSe, Storia del brigantaggio dopo l’Unità, Feltrinelli, Milano 1972 (prima edizione 1964), p.
342; ricordiamo anche dello stesso autore, Il brigantaggio meridionale post-unitario: la rivolta contadi-
na del 1861, “Studi Storici”, II (1961), 298-362; Il brigantaggio nel mezzogiorno dopo l’unità d’Italia,
in “Archivio storico per la Calabria e la Lucania”, XLII (1975), 99-136; Lo stato unitario e il suo diffi-
cile debutto, in “Storia della Società italiana”, Vol. XVIII, Milano, TETI, 1981.