Page 501 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Appendice 1. LA storiogrAfiA miLitAre suL grAnde brigAntAggio post-unitArio 501
popolazioni rurali. I briganti “erano dei rivoluzionari agrari, interpreti dell’aspirazione delle
masse contadine di possedere i mezzi di produzione e gli animali” . Il brigantaggio fu
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quindi, a tutti gli effetti, una guerra di popolo, combattuta attraverso “una guerriglia che
assunse l’aspetto di un’unica componente militare di un movimento di resistenza contro
l’occupazione straniera, con un suo santuario situato [...] nello stato pontificio” . Franzosi,
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che sembrò accettare in toto l’interpretazione del Molfese, propose anche per il brigantag-
gio le tre fasi di sviluppo della guerriglia, teorizzate da Mao Tse-Tung nella sua concezione
della guerra rivoluzionaria , affermando che delle tre fasi classiche si svilupparono nelle
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provincie meridionali solo la prima e la seconda, “cioè l’insorgenza di deboli forze dap-
prima, seguita da una sollevazione di massa agevolata da una ricca fonte di alimentazione
esterna” , poi “dal 1864 al 1870, la reazione perdette il suo carattere popolare, [...] perciò
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non si trattò di guerriglia, ma di volgare delinquenza” . Franzosi ripropose la ripartizione
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delle operazioni contro il brigantaggio nelle tre fasi già individuate dal Cesari : la prima
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(dall’ottobre 1860 al dicembre 1861) - da considerarsi come un appendice della campagna
contro l’esercito borbonico - fu caratterizzata dall’impiego di colonne mobili e interi reg-
gimenti, la seconda (1862-maggio 1866) vide l’impiego delle forze a livello di battaglioni
di fanteria e di bersaglieri e di squadrone di cavalleria alle dipendenze di comandi di zone
e sottozone in un quadro normativo di applicazione delle legislazione speciale (legge Pica),
nella terza (1866-1870), cessata l’efficacia della legislazione speciale, le forze, poste alle
dipendenze dell’autorità politica (prefetti), furono ulteriormente frazionate e i comandi di
zona vennero sostituiti progressivamente da distaccamenti . L’Esercito italiano, per Fran-
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zosi, era assolutamente impreparato a quel tipo di guerra, in quanto “la ridotta mobilità dei
reparti, proprio in operazioni in cui la celerità e la tempestività stavano alla base del suc-
cesso, rappresentò una delle principali cause dello scarso rendimento delle operazioni” .
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“La difesa degli obbiettivi, attraverso la costituzione di distaccamenti fissi e nuclei mobili
di intervento apparve razionale” , ma fu veramente efficace quando i comandanti furono
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151 Ibid., p. 73.
152 Ibid., p. 75.
153 Per Mao ogni guerra rivoluzionaria si può ripartire in tre fasi: difensiva strategica iniziale, situazione
intermedia di equilibrio, offensiva strategica finale. La prima fase consiste nell’organizzazione di una
struttura clandestina ramificata che prepari una solidale base popolare di consenso. Nella seconda fase
si sviluppa la guerriglia vera e propria con il compito di acquisire il controllo di ampie zone del terri-
torio, relegando il nemico nelle città. La terza ed ultima fase coincide con la formazione di un esercito
rivoluzionario regolare, capace di combinare le tecniche di guerriglia con azioni militare classiche, che
deve riuscire a controllare zone sempre più ampie di territorio, arrivando a sfidare in campo aperto le
forze nemiche; cfr. o. Bovio, Storia dell’Arte militare, Roma Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico,
2008, p. 234.
154 p. G. FranzoSi, La campagna contro il brigantaggio meridionale postunitario, op. cit., p. 76.
155 Ibid., p. 74.
156 c. ceSari, Il Brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano, op. cit., p. 81-82. Si veda anche sopra p. 15.
157 p. G. FranzoSi, La campagna contro il brigantaggio meridionale postunitario, op. cit., p. 77.
158 Ibidem.
159 Ibid., p. 78.