Page 503 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Appendice 1. LA storiogrAfiA miLitAre suL grAnde brigAntAggio post-unitArio 503
tribunali militari fino al 31 dicembre 1865 . A queste si aggiungevano tutte le altre misure
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di controguerriglia emanate dai comandi militari, attraverso circolari, proclami e istruzioni,
al limite della legalità se non in aperto contrasto con i principi statutari, che riproposero
leggi e prassi del precedente assolutismo borbonico . Martucci portava l’esempio delle
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“istruzioni e norme” pubblicate dal generale Pallavicini nel 1865, quando era comandante
della Divisione militare di Catanzaro, che prevedevano l’arresto di manutengoli e parenti
dei briganti affinché rimanessero a disposizione del comandante: una sorta d’internamento
dei civili, finalizzato a costringere gli arrestati a parlare e a spezzare il legame tra questi e i
briganti . L’articolo 35 era in aperta violazione di quanto la legge Pica, poi la legge Peruz-
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zi, avevano stabilito in tema di complicità di reati di brigantaggio (artt. 1 e 5), in quanto gli
arrestati dovevano essere deferiti ai tribunali militari. L’anomalia segnalata dal procuratore
generale presso la corte d’appello, Camillo Longo, al ministro Guardasigilli nel maggio
1865, indusse il governo La Marmora, tramite il ministro della Guerra, generale Petitti, a
intervenire su Pallavicini affinché modificasse le istruzioni nelle parti che cozzavano aperta-
mente con la normativa vigente. In realtà l’errore del generale Pallavicini, secondo i vertici
politico-militari, era dovuto alla pubblicazione delle norme che ne palesava l’illegittimità,
ma non alla loro efficacia che era assolutamente approvata dal ministro, non a caso lo stesso
generale Pallavicini continuò in seguito ad dare disposizioni severissime, a limite della le-
galità (spesso però in forma di circolare riservata) che non incorsero più in nessuna censura
superiore .
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Nel 1991 Dickie , nella rivista “Passato e Presente”, riprendeva il discorso di Martucci
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relativo al sistema di repressione del brigantaggio, costituto dalla Stato unitario, per mano
dell’Esercito, non dal punto di vista normativo bensì da quello antropologico-culturale.
Dickie in sostanza, tenendo conto anche degli studi di Hobswawn , sosteneva, attraverso
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l’analisi dell’opinione espressa da alcuni rappresentanti del governo, e soprattutto di ufficia-
li, come in quell’ambito fosse stata costruita un’immagine negativa del meridione d’Italia,
progressivamente identificato con il brigantaggio: il Sud era un’altra Italia, da riformare to-
talmente. Questa immagine avrebbe portato alla criminalizzazione del brigantaggio stesso
e avrebbe permesso di giustificare dal punto di vista morale anche la repressione più spie-
tata, attuata anche con la legislazione speciale. L’approccio di Dickie, come sosteneva Lucy
165 Ibid., pp. 111-180.
166 Ibid., pp. 63-66. Martucci fa riferimento al decreto del 17 luglio 1817 n. 789 e del 30 agosto 1821,
n. 110, ma non chiarisce quanto la legislazione borbonica fosse in realtà stata influenzata dalla prece-
dente legislazione murattiana.
167 Ibid., pp. 194-207.
168 Ibid., pp. 205-206. Si veda anche la corrispondenza tra ministero della guerra e comando della divi-
sione militare territoriale in auSSMe, fondo G-11 Brigantaggio, b. 91, fasc. 1.
169 J. a. dicKie, Una parola in Guerra: L’Esercito italiano e il Brigantaggio, in “Passato e Presente”; 25
gennaio-aprile 1991, X, pp. 53-74; si veda anche dello stesso autore, Darkest Italy. The Nation and
Stereotypes of the Mezzogiorno 1860-1900, New York, Palgrave Macmilian, 1999.
170 E. hoBSBawM, I banditi: Il banditismo sociale nell’età moderna, Einaudi, Torino, 1971.