Page 486 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           lissima situazione, “l’unico elemento d’ordine nelle provincie meridionali – secondo il
           Cesari - fu dunque l’esercito italiano”. L’autore, analizzando il ruolo dell’amministrazione
           unitaria nelle provincie napoletane di fronte al brigantaggio , non nascondeva le carenze
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           di quest’ultima nell’azione civile “saltuaria e spesso isolata”, influenzata negativamente
           dalle autorità locali, rappresentate dal ceto dei proprietari terrieri, i cosiddetti galantuomi-
           ni. Il Cesari criticava apertamente il patto sociale tra le élites liberali centro-settentrionali
           e i possidenti terrieri meridionali, fondamento di tutta la politica dei moderati, che aveva
           comportato un aggravio delle condizioni socio economiche delle classi rurali. Condan-
           nava, per ragioni di natura morale , una parte della classe privilegiata meridionale che
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           “abusò della sua posizione non solo verso i governati ma anche verso i governanti” , uti-
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           lizzando le amministrazioni locali per fini privati senza perseguire un interesse pubblico
           nazionale. Fu creata insomma “una classe di governanti in lotta con la classe popolare e
           sorse un dualismo legalizzato che permetteva agli uni di accedere al potere e vietava agli
           altri di godere, delle stesse libertà concesse dallo Stato”. Anche i prefetti e i sottoprefetti
           non furono sempre all’altezza della situazione, facendosi strumenti dei gruppi di potere
           locali e intralciando le operazioni di repressione condotte dalle truppe , invece di co-
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           operare attivamente attraverso l’organizzazione di un efficiente servizio informazioni e
           di una valida polizia giudiziaria. Il giudizio del Cesari fu particolarmente severo verso le
           forze di polizia del ministero degli interni, infiltrate, a suo dire, da funzionari del vecchio
           regime, reazionari e corrotti, assolutamente inaffidabili, che richiedevano spesso “da parte
           dei soldati maggiori cautele che verso gli stessi briganti” . Anche verso le amministrazioni
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           comunali delle provincie meridionali, Cesari fu altrettanto severo: sindaci e relativa bu-
           rocrazia comunale e Guardia nazionale, per lo meno fino al 1865, si dimostrarono, per
           interesse personale, di orientamento filo-borbonico o, molto più spesso, solo per paura di
           rappresaglie, conniventi con i briganti . Gli errori dell’amministrazione unitaria nacque-
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           ro, sostanzialmente, dalla pregiudiziale antidemocratica e antigaribaldina che caratterizzò
           prima l’operato dei vari luogotenenti e poi, in seguito all’abolizione della Luogotenenza
           delle provincie napoletane, l’operato dei prefetti. La ferma volontà di smentire le promesse
           fatte da Garibaldi, abolendo immediatamente tutti i decreti dittatoriali, soprattutto quelli
           finalizzati ad una più equa distribuzione della terra, alienarono completamente le simpatie



           67  “Cap. V: Leggi e convenzioni per la repressione del brigantaggio l’azione delle luogotenenze e delle autorità
              locali”.
           68  A questo proposito le interessantissime riflessioni di Macry, cfr. P. Macry, Unità a mezzogiorno: come
              l’Italia a messo assieme i pezzi, Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 106-120.
           69  c. ceSari, Il Brigantaggio e l’opera dell’esercito italiano, op. cit., p. 61.
           70  Ibidem, op. cit., p. 61 “I prefetti e i sottoprefetti interpretavano spesso gli ordini governativi attraverso
              le influenze dei rispettivi consigli provinciali, e non potendosi dar ragione di molti incidenti causati
              da tali interpretazioni attribuivano talvolta ai comandanti militari taluni insuccessi stigmatizzando la
              precipitazione nella esecuzione degli ordini, la violenza delle repressioni, la mancata tutela preventiva
              di eventuali disordini”.
           71  Ibid., p. 62.
           72  Ibid., pp. 77-79.
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