Page 512 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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           popolazione rurale che appoggiavano la guerriglia  - che aveva fino a allora permesso ai
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           malviventi di agire indisturbati. Due erano le categorie alle quali appartenevano i fiancheg-
           giatori dei briganti: i loro parenti e “gli abitatori dei luoghi alpestri, ossia i pecorai, caprai,
           porcari, carbonari, legnaiuoli, guardiani” ; i primi dovevano essere arrestati ma non de-
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           feriti ai tribunali militari, lasciati, invece, a disposizione dello stesso Pallavicini al fine “di
           ricavarne il migliore partito possibile” ; anche i secondi, in caso di sospetto, dovevano
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           essere arrestati immediatamente, mentre gli altri dovevano essere costantemente controllati
           nei loro spostamenti, tramite il rilascio di lasciapassare, quali appartenenti alla seconda
           categoria di sospetti per eccellenza. Era, in sostanza una forma di internamento preventiva
           di tutti i sospetti, in parte illegittima che, come abbiamo visto, dovette essere ritirata dallo
           stesso Pallavicini . Il disappunto del generale fu espresso in un suo rapporto al coman-
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           dante del VI Gran Comando di Dipartimento del novembre 1865 , poco prima della fine
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           del suo mandato, in cui egli spiegava che il ritiro delle norme sull’arresto preventivo dei


           207 Ibidem, p. 13, punto 44: “[…] la malvivenza, la quale in queste provincie non ha altro oggetto che
              il furto, rappresenta la guerra fatta dal povero al ricco; questo carattere speciale, che distingue gli at-
              tuali banditi dice chiaramente quale classe debba a preferenza sospettarsi di manutengolismo; è agli
              abitanti della campagna che i briganti debbono rimandare appoggio, quindi quegli abitanti sono da
              riguardarsi come veri manutengoli [...]”. Più avanti, p. 15 punto 50. ”Nell’assenza dei veri padroni,
              divenuti di fatto signori delle terre e dei loro prodotti, i contadini vanno debitori di troppo benesse-
              re al brigantaggio per concorrere lealmente alla sua distruzione [...]. Ai vantaggi che l’uomo di cam-
              pagna trae dai misfatti briganteschi, bisogna oggidì opporre ostacoli, che siano così onerosi da non
              trovare compenso nell’oro dei briganti e nelle malamente acquistate masserizie [...], perciò la neces-
              sità di esercitare una forte pressione, mettendo in prigione a mia disposizione quei pecorai ec. ec. de-
              nunziati come manutengoli [...]. Quando il villano si vedrà continuamente molestato dalla truppa;
              quando esso pel frequente muovere delle colonne si vedrà protetto contro le aggressioni dei banditi, è
              da ritenersi che egli si farà nemico della malvivenza, allora ai briganti non rimarrà più che, come via
              di scampo, che la sola presentazione, giacché per essi nemmeno i boschi saranno un luogo di sicuro
              ricovero”.
           208 Ibid., p. 15, punto 49.
           209 Ibid., p. 13, punto 44: “[…] La persecuzione dei manutengoli deve praticarsi dalle truppe unicamen-
              te come un mezzo per ottenere l’arresto o la presentazione dei malviventi; non si arresteranno quin-
              di i sospetti manutengoli per metterli a disposizione dei tribunali militari, ma per trattenerli invece a
              mia disposizione ad oggetto di ricavarne il migliore possibile [...]”.
           210 R. Martucci, Emergenza e tutela dell’ordine pubblico nell’Italia liberale, - op. cit., pp. 194-207. Si veda
              sopra.
           211 Rapporto del comando generale della divisione militare territoriale di Catanzaro al comandante del
              VI Gran comando di dipartimento, in data 14 novembre 1865, in auSSMe, Fondo G-11, Brigantag-
              gio, busta 107, fascicolo 1, c. 101, pubblicata in M. G. Greco, Il ruolo e la funzione dell’Esercito nella
              lotta al brigantaggio (1860-1868), Roma, Stato Maggiore –Ufficio Storico, Roma 2011, documento
              1, pp. 161-172. “distrutto lo spionaggio militare che tutto aveva base nell’arresto dei parenti dei bri-
              ganti e dei sospetti manutengoli, e dato invece vigoria allo spionaggio per conto dei malviventi, non
              si poteva sperare che i successi fossero la conseguenza delle mosse militari”. Pallavicini nel suo rap-
              porto denunziava apertamente che responsabile di quella situazione era il potere politico, prefetto in
              testa, incapace di adottare le misure eccezionali richieste ma pronto ad ostacolare l’autorità militare
              per personale gelosia.
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