Page 556 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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Il combattimento contro bande partigiane troppo superiori per numero era da evitare; in
tal caso tali drappelli dovevano comunicare al proprio comando via radio la posizione delle
forze nemiche. “Allo scopo di escludere il tradimento ed ogni avvertimento al nemico i
drappelli cacciatori marciano nelle zone loro assegnate solamente di notte. Durante il gior-
no spariscono nei boschi circostanti ai villaggi in modo che nessun abitante possa aver
notizia di loro e dei loro posti. Giunto nella zona d’impiego il drappello cacciatori si com-
porta nella stessa maniera delle bande nemiche, vale a dire vengono preparate ovunque,
dopo accurata ricognizione del terreno, imboscate al nemico dove si presume che egli pos-
sa apparire. […] I drappelli uccidono ogni avversario caduto nell’imboscata. Con nemico
in forze non si accetta il combattimento. In questo caso informare immediatamente il co-
mando superiore perché inizi un’operazione di più vasta portata. Fino all’arrivo delle trup-
pe il drappello rimane a contatto dell’avversario in funzione esplorante. […] Tale modo di
combattere richiede molto tempo e non deve essere mai precipitoso. Durante l’impiego il
drappello deve essere indipendente da ogni cucina e da ogni requisizione. Deve essere per-
ciò dotato di almeno 14 giornate di razione viveri a secco, oltre a caffè e tè” . La proposta
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di formare ed addestrare analoghi reparti presso i reparti di fanteria italiani di stanza in
Grecia fu accolta piuttosto freddamente. Il comando del XXVI Corpo d’Armata ritenne
che “la costituzione e l’impiego degli speciali reparti in questione presentino non poche
difficoltà. Di queste la principale è quella della scelta degli elementi i quali oltre che volon-
tari, devono essere idonei per ardimento e spregiudicatezza, più ancora che per prestanza
fisica. L’impiego di nostri militari dovrebbe integrarsi a mio avviso, con quello di elementi
fidati nella zona di occupazione scelti fra gli arumeni, i ciamurioti e gli albanesi. Non riten-
go, di conseguenza, facile costituire più di uno di tali reparti per ogni reggimento di
fanteria” . Più favorevole si mostrò il comando del III Corpo d’Armata, che, in attesa
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dell’approvazione del progetto da parte del Comando Superiore, ordinò alle divisioni “Pi-
nerolo” e “Forlì” di provvedere, nel frattempo, alla selezione del personale, alla preparazio-
ne dell’armamento e dell’equipaggiamento ed all’addestramento preventivo di base dei
militari prescelti. I requisiti in possesso degli ufficiali e sottufficiali reclutati dovevano esse-
re: ardimento, doti fisiche di prim’ordine, capacità professionale, iniziativa, rapidità di de-
cisione, capacità d‘orientamento con e senza carta topografica, rudimenti di lingua greca.
“Elementi di truppa che sappiano sbrigarsi da sé, anche un po’ sbarazzini (ma non canaglie)
che possiedano qualità di orientamento e di ardimento (non però incosciente ma riflessi-
401 Foglio n. 01/5144 in data 3 novembre 1942, Costituzione di speciali reparti per la lotta contro le ban-
de, comando III Corpo d’Armata – stato maggiore. I drappelli-cacciatori dovevano essere costituiti
nell’ambito di ciascun reggimento di fanteria ed armati con mitragliatrici leggere, mitra, fucili di pre-
cisione, pistole da segnalazione, bombe a mano ed esplosivi.
402 Foglio n. 14522/Op. in data 5 dicembre 1942, Costituzione di reparti speciali per la lotta contro le ban-
de, comando XXVI Corpo d’Armata – Ufficio operazioni. Era proposta la costituzione di un plotone
di 45 uomini su due nuclei per ciascun reggimento di fanteria. “L’impiego del plotone dovrebbe esse-
re eccezionale, normale invece quello della squadra, più leggera, mobile ed occultabile”. Si proponeva,
inoltre, la distribuzione del fucile mitragliatore Steyr al posto del Breda-30 e di “muletti locali piccoli
e robusti da scegliere tra quelli di preda bellica, perché sanno marciare anche fuori dalle mulattiere”.