Page 568 - L'Esercito alla macchia - Controguerriglia Italiana 1860-1943
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si e disonestà” .
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Di fronte alla forza ed all’aggressività delle bande di andartes ed alla scarsa disponibilità
di truppe, il comando del III Corpo d’Armata propose di assumere un atteggiamento più
guardingo e con obiettivi limitati ad “assicurare le linee di comunicazione che a noi sono
strettamente necessarie; disporre di una massa di uomini e mezzi (possibilmente autotra-
sportata e sempre disponibile) per manovrare sui vari presidi. […] Non dobbiamo illuderci
di poter agire con poche forze, anzi deve nascere in noi la credenza che, nell’attuale momen-
to, i banditi si possono affrontare solo con molte forze e senza illudersi di ottenere grandi
risultati data la superiorità che essi hanno su di noi per la conoscenza perfetta del terreno e
la connivenza delle popolazioni” . I concetti che stavano alla base della nuova dislocazione
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dei reparti sul territorio dovevano essere i seguenti: “Formare blocchi robusti, per quanto
possibile di più battaglioni per ottenere che ciascun presidio abbia in sé i mezzi per la difesa
e contemporaneamente possa disporre di elementi mobili da impiegare a proprio ordine
o ad ordine superiore; avere reggimenti riuniti in zona ristretta sotto il controllo agevole,
rapido e diretto del comandante con grande vantaggio dei vincoli organici e disciplinari,
dell’addestramento e dell’impiego e con il vantaggio altresì di maggiore assistenza morale e
materiale del soldato, essendosi rilevato che lo sminuzzamento, resosi finora necessario, ha
dato luogo ad inconvenienti in questo campo; garantire la sicurezza della ferrovia Atene-
Lamia-Larissa-Elasson per Kastoria, nonché della ferrovia a scartamento ridotto Larissa-
Volo; per poter far accorrere rapidamente il maggior numero di battaglioni là dove i ribelli
concentrassero di sorpresa le proprie forze; ridurre nei limiti dell’attuabile il numero dei
militari che presidieranno le zone malariche nell’imminente periodo estivo” . Intanto, fu
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disposto di procedere al rafforzamento delle difese dei presidi e di ogni altra infrastruttura
militare, inclusi magazzini, depositi, campi di aviazione, campi di internamento ecc. me-
diante protezioni passive ed ostacoli quali reticolati ed opere in muratura. “I presidi della
divisione devono apparire come un complesso di caposaldi posti alla periferia degli abitati
(grandi presidi) o come un caposaldo unico, specie di quartiere militare (presidi minori).”
A protezione delle vie di comunicazione fu disposta la costituzione di caposaldi di compa-
gnia ben difesi con opere di fortificazione semipermanente ed armi automatiche . Il po-
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tenziamento delle opere difensive non doveva, però, pregiudicare l’atteggiamento offensivo
e l’iniziativa dei reparti contro i ribelli: “Non voglio assolutamente che tali apprestamenti
440 Relazione del gen. De Giudice Giovanni, rilasciata nel 1944 alle autorità della RSI.
441 Foglio n. 2079/Op. in data 13 marzo 1943, promemoria di servizio, comando III Corpo d’Armata –
Ufficio Operazioni.
442 Foglio n. 01/6218 in data 30 aprile 1943, Dislocazione reparti del Corpo d’Armata, comando III Cor-
po d’Armata – stato maggiore. Il piano di ridislocazione delle forze prevedeva l’abbandono di impor-
tanti località quali Kalabaka e Koridza, che, insieme a Trikkala, si erano manifestate i maggiori centri
d’azione dei ribelli.
443 Foglio n. 1488/Op. in data 16 marzo 1943, Vie di comunicazione e centri base di rifornimento, co-
mando divisione fanteria “Pinerolo” – Ufficio del capo di stato maggiore. I caposaldi dovevano avere
un’autonomia logistica di 15-30 giorni in viveri e di 5 giornate di fuoco di munizioni, oltre a proprie
strutture sanitarie.