Page 181 - L'ITALIA DEL DOPOGUERRA - L'Italia nel nuovo quadro Internazionale. La ripresa (1947-1956)
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170                                        RAIMONDO WIIAGHI

             imperialismo z:arista  d'antan con  il  nuovo obienlvo di  instaurare il comuni-
             smo nel mondo intero. Medìante questo "paradigma imperial-rivoluzionario",
             Stalin si dedicò "illa costruzione di  un grande impero sulla  terra. L'Imperiali-
             smo divenne ben presto parte della sua strategia" (5).
                ln questo quadro fu creata la  leggenda secondo cui nel fronte antifascista
             l'Unione Sovietica sarebbe stata la  potenza  più  risoluta  nella  lotta  contro  i
             tot.alitarismi di  destra:  leggenda che il patto tedesco-sovietico del  1939  e  la
             lunga collaborazione nazi-sovietica  (che Stalin cercò in ogni modo di preser-
             vare e sviluppare) <6> si occupò di smentire. In effetti •fu la Gennania ... , che
             costrlnse la Russia  alla guerra e ad un'Involontaria alleanza con le democrazie
             occidentali. Se la Germania non avesse attaccato,  la Russia avrebbe persistito
             nella politica dell'agesto-serrembre 1939 ancora per molto tempo" m.
                Era quindi  Inevitabile  che,  sgombrato il terreno dalla  Gennania e  dal
             Gìappone, l'ostilità  tra il mondo comunista e  quello democratico riaffiorasse.
             Era infanl accaduto ciò che Arnold Toynbee aveva a suo tempo detto circa la
             crisi di autodistruzione del mondo ellenico, durante la quale al margini erano
             sorti e  si erano rafforz:ati l  due colossi  di Roma e  Cartagine che successiva-
             mente, sgombero onnai il  campo, si apprestavano a quella  lotta  mortale che
             avrebbe consacrato l'egemonia di uno solo dei due (8).
                Che l'iniziativa dovesse venir presa dall'Unione Sovietica, era nella  natura
             stessa delle cose. La nemesi volle che il  peccato di sangue, che era  stato alle
             origini  della seconda guerra  mondiale - l'aggressione e  la  spartizione della
             Polonia -dovesse gravare come una  maledizione sui vincitori  e  sui vintl  C9),
             generando una ca1ena di eventi che portò a quello che è, a  nostro avviso, giu-
             sto chiamare il ter.zo conflitto mondiale, queUo finale e - si spera - definitivo.
             Fu  l'azione di Stallin  verso la  Polonia  la quale  mostrò che  l'impegno,  preso
             anche dal ditauore sovietico,  di garantire  a  Mri l  popoli liberali il diritto  "di
             scegllere la rorma  di  governo sono cui  vivere•  non era, per Stalin,  che  un
             eh f./fon de papier.
                A petto del suo antico partner Adolf Hitler, Stalin era certamente più pru-
             dente,  più cauto e  Infinitamente più  realista:  tuttavia egli,  "a lungo  termine,
             non  poteva opporsi alla  logica  della sua  posi4ione  di  capo di  una  società
             totalitaria e  di capo supremo di un movimento che cercava la sicurezza attra-
             verso l'espansìone continw. In questi falli, più che ognf peccato d f. omf.sstone
             o commtssfone da parte deli'Ovesl, devono essere viste le radici della cresceme
             discordid' (IO) e, aggiungiamo noi, di quella che fu la terza guerra mondiale.
                Se il conflil1o per la supremazia con le  potenze occidentali (e specialmen-
             te con gli Stati Uniti) non eruttò iD  una guerra  guerreggiata all'ultimo sangue,
             dò fu  dovuto ad  un  solo elemento:  quello cioè che  Sir  Wlnston  Churchill
             chiamò "l'equilibrio del terrore". ossia  la  presenza dell'arma  nucleare. Ma  già
             tre secoli prima, un pensatore dell'acutezza  di Raimondo Montecuccoli aveva
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