Page 105 - La Grande Guerra segreta sul fronte Italiano (1915-1918) - La Communication Intelligence per il Servizio Informazioni
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CAPITOLO QUARTO
premo diffondeva a tutte le armate, mediante appositi notiziari, i numeri di posta da campo dei
reparti austro-ungarici allo scopo di facilitare la ricostruzione del quadro di battaglia dell’Esercito
nemico, con particolare riferimento a unità e reparti dislocati sul fronte italiano.
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Una nuova fonte d’informazioni, abilmente sfruttata dagli Uffici Informazioni d’armata divenne,
sin dalla fine del 1915, l’intercettazione delle conversazioni telefoniche nemiche mediante una
tecnica che si andò affinando nel corso del conflitto, con risultati crescenti in quantità e qualità,
come è ampiamente illustrato nella quarta parte del presente volume.
4.3 CONTROSPIONAGGIO E VIGILANzA SU TRUPPE E COMANDI
La raccolta d’informazioni sul nemico non costituisce l’unica incombenza dell’Ufficio I a cui
si affidano, sin dall’inizio della guerra, una pluralità di compiti tra i quali spicca la gestione dei
cifrari e la decrittazione dei dispacci nemici di cui si tratterà ampiamente nelle parti successive.
Altro incarico di primaria importanza è il coordinamento delle attività di controspionaggio nei
suoi diversi aspetti, dalla lotta contro il sabotaggio al contrasto del disfattismo, dalla vigilanza
delle retrovie alla tutela del segreto militare, illustrati qui di seguito.
Ma non basta, perché il Servizio I assume un ruolo rilevante in altri settori quali il coordinamen-
to della censura soprattutto postale e viene direttamente coinvolto nelle operazioni di propagan-
da fino a divenire nel 1918 responsabile del Servizio P.
La tuteLa deL segreto miLitare
Tra la primavera e l’estate 1915, furono emanati vari provvedimenti di legge e bandi validi in
zona di guerra, che limitavano le libertà personali e vietavano la diffusione di notizie riguardanti
operazioni militari, con l’obiettivo di garantire la sicurezza dell’Esercito e dello Stato.
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Un decreto del giugno comminava pene severe a «chiunque, comunicando con più persone, riunite
o anche separate, dati sulla difesa dello Stato o sulle operazioni militari, notizie diverse da quel-
le che sono portate a conoscenza del pubblico dal Governo o dagli Alti comandi dell’Esercito o
dell’Armata».» Tale decreto venne integrato con il bando 28 luglio 1915 contro la diffusione di
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notizie sulla guerra e la denigrazione dell’Esercito o della guerra stessa.
Cadorna prese poi provvedimenti intesi a garantire la tutela del segreto delle operazioni, come il
divieto agli ufficiali di andare in prima linea recando con sé ordini di operazione o altri documen-
unità. L’Ufficio Informazioni della 2ª Armata tornò sull’argomento il 10 novembre 1915, rilevando come «dall’esame di
numerosa corrispondenza dei prigionieri si sono ricavati i numeri degli uffici postali da campo addetti alle grandi unità
(brigate da montagna e divisioni dislocate su tutto il fronte dell’alto Isonzo). Raggruppando poscia tutta la corrispondenza
militare diretta ad uno stesso ufficio, si è ricavata la composizione quasi completa di tutte le brigate […]» (AUSSME, fondo
F-3 Carteggio sussidiario prima guerra mondiale).
36 . Tale sistema tornò utile finché gli austro-ungarici iniziarono a cambiare periodicamente i numeri della posta da campo,
aumentando le difficoltà per il servizio informazioni.
37 Si tratta: della legge 21 marzo 1915 n. 273 contro chi propalava notizie circa la forza, la preparazione, la difesa dello
Stato, nonché le operazioni militari (decreto legge 20 giugno 1915 n. 885); del decreto n. 313 che vietava la pubblicazione
di notizie concernenti la forza, la preparazione o la difesa militare dello Stato; del decreto n. 314 del 28 marzo 1915 che
estendeva alle colonie le disposizioni riguardo le pene comminate per le infrazioni alla legge sulla difesa economica e
militare dello Stato.
38 Circolare n. 609 del “Giornale Militare Ufficiale” in data 20 giugno 1915, Decreto luogotenenziale n. 885 contenente
norme relative alla diffusione di notizie durante la guerra. La pena prevista è la detenzione sino a 6 mesi o con la multa da
lire 100 a 1.000. Se il delitto si commesso col fine di turbare la pubblica tranquillità, o di danneggiare altrimenti pubblici
interessi, la pena è della reclusione da 2 mesi a 2 anni e della multa da lire 500 a lire 3.000. L’articolo 2 del decreto puniva,
inoltre, «chiunque, comunicando con più persone riunite o separate, dà sull’ordine pubblico, sull’economia nazionale, o
su altri fatti di pubblico interesse, notizie non conformi a verità, per le quali possa essere turbata la tranquillità pubblica, o
altrimenti danneggiati pubblici interessi.»
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