Page 191 - 8 Settembre 1943-25 aprile 1945 - La Resistenza dei Militari in Italia: un lungo percorso sino alla vittoria finale
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CAPITOLO SECONDO



           Così, immediatamente dopo l’internamento e la deportazione di quei Carabinieri che il 7 ottobre non erano
           riusciti a nascondersi, nacque a Roma il Fronte Clandestino di Resistenza dei Carabinieri comandato da
           Caruso, che, in seguito, riuscì anche a inserirvi gruppi di resistenza con forze dislocate nell’Italia centrale.
           Nei suoi ricordi descrive in dettaglio la situazione politica, militare e civile esistente alla fine dell’ottobre
           1943 e sottolinea come già 2.500 elementi si fossero riuniti sotto il comando del tenente colonnello Giovan-
           ni Frignani e del suo collaboratore, il capitano Aversa, due ufficiali che avevano portato a termine l’arresto di
           Mussolini ed erano già in clandestinità dall’8 settembre. Un altro grande nucleo, forte di circa 2.800 militari
           dell’Arma, era stato raggruppato da altri ufficiali che egli ricorda nominativamente, dando a loro il merito
           dell’organizzazione che faceva capo al generale della Giustizia militare, avvocato Tommasi.
           Vi era poi un nucleo denominato ‘Banda Manfredi’, che faceva capo al barone Selvaggi, tramite un civile
           che aveva fondato il partito monarchico. Questo nucleo era stato costituito da tre marescialli dell’Arma
           ma non ne accettava gli ufficiali: nella sua relazione Caruso non ne spiega la ragione. Altro nucleo, che poi
           si era denominato Battaglione Hazon (in ricordo del Comandante Generale Hazon, ucciso nel primo bom-
           bardamento angloamericano di Roma), sempre con a capo due brigadieri dei Carabinieri, era stato aiutato,
           anche finanziariamente, sempre dal Selvaggi e da un civile, anche egli aderente e organizzatore del partito
           monarchico. 150 militari dell’Arma facevano parte della Banda ‘Filippo’, sopra ricordata, sempre di tenden-
           za monarchica. Vi erano nuclei minori agli ordini di marescialli che riunivano i Carabinieri del quartiere di
           Santa Agnese e di Montesacro, nonché il maresciallo della stazione di Muzio Clementi in Prati, con un altro
           piccolo nucleo indipendente. Vi erano ancora delle piccole aliquote di militari, via via aggregandosi alle
           formazioni dei singoli partiti che facevano parte del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN). Caruso si
           avvalse, per ricompattare gli elementi dell’Arma, anche dell’aiuto del generale Presidente dell’Associazione
           dei Carabinieri in congedo (ANC), perché a lui molto spesso si rivolgevano Carabinieri alla macchia per un
           aiuto, anche finanziario, e per un’assistenza.
           I partiti influenzavano tutte le componenti della Resistenza, militari o civili. E a questo proposito Caruso
           ricorda di aver cercato di sanare un dissidio tra il ‘gruppo’ del Tommasi, che aveva come coadiutore il colon-
           nello dell’Esercito De Sanctis, direttamente incaricato dal generale Sorice, rimasto a Roma, per organizzare
           la resistenza armata in collegamento con Montezemolo rappresentante il Comando Supremo, e il gruppo
           Frignani-Aversa. Le due formazioni avevano tendenze diverse: la prima era incline a avere un orientamento
           politico di partito mentre la seconda era decisamente monarchica. Non bisogna dimenticare che, ancor
           prima della decisione del Re di lasciare Roma per ricostituire un governo ‘libero’ a Brindisi, i vari leader
           politici avevano già iniziato a dibattere sul futuro ruolo della Monarchia, considerando un tradimento della
           popolazione il comportamento del Monarca, soprattutto dopo l’accordo con la Germania di Hitler del 22
           maggio 1939 (Patto d’Acciaio) e con la promulgazione delle leggi razziali.
           Per Caruso, militare di antica formazione, il punto nodale era affermare e rinsaldare l’assoluta tradizionale apo-
           liticità dell’Arma, al servizio dello Stato e dei cittadini e non dei singoli partiti. Si attivò in modo operativo. Alla
           fine di ottobre, primi di novembre cercò di parlarne con il De Sanctis (Gruppo De Sanctis-Blundo-Barsanetti),
           dando anche la sua disponibilità a operare e ricorda: …offrii al De Sanctis la mia opera, al che egli mi soggiunse che mi
           avrebbe fatto prendere in nota dal Centro Militare (sic)… sul momento quel colonnello nulla aveva compreso della
           statura, dello spessore e della determinazione del generale… ma avrebbe cambiato idea di lì a poco.
           Caruso, per arrivare al suo obiettivo, cercò di avvicinare qualche prestigioso rappresentante del mondo po-
           litico, come Ivanoe Bonomi, rispettato da tutti i partiti coinvolti nella resistenza armata clandestina. Andò
           anche a parlare con alcuni antifascisti, facendo una proposta organizzativa di buon senso: radunare tutti i
           Carabinieri e i militari dispersi in varie ‘bande’ per costituire un unico grande gruppo che, con la specifica
           professionalità dell’Arma, avrebbe potuto costituire un più forte nucleo di resistenza, soprattutto operativa.
           Ebbe però una delusione. Tutti i suoi interlocutori ritennero che non fosse possibile arrivare a simile con-
           centrazione, per loro né opportuna né vincente.
           Caruso ha commentato questi atteggiamenti nei suoi ricordi con un: evidentemente i Carabinieri erano tenuti in
           sospetto…un’interessante affermazione che conferma una situazione reale di quel periodo. In effetti, i tede-
           schi li ritenevano non affidabili per i loro orientamenti chiaramente monarchici, antifascisti e antinazisti.
           Gli angloamericani, nonostante avessero lasciato all’Arma il servizio di ordine pubblico e di polizia militare
           nei territori ‘liberati’, ne temevano, in realtà anche loro, la capillarità territoriale: eppure ne avevano bisogno


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