Page 136 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.


               Alla fine del 1941 anche il vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin in-
            terviene presso Ambrosio per ottenere protezione in favore di circa trecento perso-
            ne. Queste – di origine ebraica per le autorità croate ma oltre la metà di religione
            cattolica secondo il vescovo – inizialmente soggiornanti a Sušak, sono costrette dal
            decreto d’espulsione della prefettura di Fiume a trasferirsi a Porto Re, Novi e Cir-
            quenizza, località costiere occupate dagli italiani ma sottoposte alla giurisdizione
            civile delle autorità croate. Il trasferimento da Sušak avviene con l’assicurazione
            della protezione italiana, ma ai primi di dicembre una nuova minaccia si presenta
            quando le locali autorità croate di Cirquenizza, non essendovi in loco una vera strut-
            tura d’internamento, comunicano la disposizione di Zagabria di rispedire gli ebrei
            giunti nella zona occupata dopo il 7 settembre alle originarie località di provenienza
            dello Stato Indipendente Croato, con il serio pericolo di essere internati in un campo
            di concentramento croato al di fuori della zona di occupazione italiana. L’unica loro
            colpa – afferma il vescovo triestino – era, secondo la legislazione razziale ustaša,
            essere nati da genitori ebrei e pertanto imploravano di poter rimanere nei territori
            controllati dagli italiani o di essere internati in Italia. Ambrosio rassicurerà Santin
            che i profughi sarebbero rimasti presso le loro abitazioni; le stesse suppliche saranno
            rivolte dal prelato pochi mesi dopo (aprile-maggio 1942) al generale Roatta, suben-
            trato ad Ambrosio al comando della 2ª Armata, per un numero di profughi salito nel
            frattempo a seicento. 103
               Le promesse dei generali italiani sono tuttavia in contrasto con la legislazione
            del governo croato, finalizzata, tra l’altro, alla “nazionalizzazione”, ovvero all’in-
            cameramento senza indennizzo di sorta, dei beni degli ebrei. All’attuazione del
            decreto legge dell’ottobre 1941 sulla statizzazione dei loro beni avrebbero provve-
            duto speciali enti dipendenti dal Ministero delle Finanze croato, come ad esempio
            la cooperativa Hrvatski Radiša (istituita nel dicembre successivo), che avendo il
            compito di stimare i beni nazionalizzati aveva incontrato nella “seconda zona” una
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            serie di ostacoli posti dalle autorità militari italiane.  Il Commissariato generale
            amministrativo croato infatti segnalerà al comando della 2ª Armata che in alcune
            località di giurisdizione dei comandi dei corpi d’armata, si verificavano interventi


                1942-XXI.
            103 Ibidem, Vescovo di Trieste e Capodistria, all’Eccellenza il Gen. Ambrosio Comandante la
                II Armata Sussak, Trieste 10 dicembre 1941; id., all’Eccellenza Reverendissima Monsignor
                Antonio Santin, Vescovo di Trieste; id., Curia Vescovile di Trieste e Capodistria, Trieste,
                all’Eccellenza Roatta Comandante la II Armata Fiume-Borgonovo, vescovo Antonio San-
                tin, Trieste 27 aprile 1942; id., Comando 2ª Armata, Segreteria particolare del Comandante,
                a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia-Ufficio Affari Civili, f.to Ten. Col. addet-
                to Mario Boggio, P.M.10, 10 maggio 1942-XX.
            104 Sull’istituzione della Hrvatski Radiša e l’opposizione delle autorità militari italiane affinché
                la cooperativa non si occupasse anche dell’alienazione dei beni di ebrei e serbo-ortodossi si
                vedano i carteggi in HDA, 491, OUP, kut. 16, 1942 opći spisi 3924-4429.

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