Page 186 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.


            no alla guerra in Jugoslavia. Modenese, ufficiale di fanteria con un passato recente
            ai vertici dei servizi di informazione e degli alti comandi italiani, Roatta lasciò la
            carica di Capo di Stato Maggiore dell’Esercito per assumere quella di comandante
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            della 2ª Armata nel gennaio del 1942 .
               Nelle sue memorie del dopoguerra il generale dedica un capitolo alla sua espe-
            rienza nei Balcani, intitolato “La campagna dei Balcani e i suoi seguiti” .
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                A differenza di Bastianini Roatta non tace della sua dura azione di contrasto al
            movimento partigiano, azione che, per i modi con la quale fu condotta, causerà la
            richiesta della sua consegna come criminale di guerra da parte jugoslava. Roatta
            adotta a questo riguardo una triplice linea di difesa, che sarà poi quella adottata
            anche dai suoi colleghi: presentare l’azione repressiva italiana come la legittima
            attività operativa di un esercito occupante contro una resistenza locale “illegale”,
            enumerare le atrocità commesse dal nemico sui prigionieri italiani e sulla stessa
            popolazione, elencare le iniziative condotte da parte italiana a favore delle mino-
            ranze perseguitate, serbi ed ebrei, da parte dei croati . Il generale cerca inoltre di
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            rappresentare una spaccatura costante fra tedeschi e italiani, venuta alla luce all’8
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            settembre ma presente fin dai primordi dell’occupazione .
               Il quadro presentato dal generale Roatta, che ha come obbiettivo la difesa del
            suo operato, non è del tutto privo di efficacia, anche se talvolta l’autore non può
            fare a meno di contraddirsi, come quando  nega che vi fosse una partecipazione di
            popolo a favore dell’insurrezione partigiana, pur ammettendo poche righe dopo la
            presa esercitata in Jugoslavia comunismo: “idea che esercita un grande fascino sul-
            le popolazioni slave della Balcania, sia di per sé stessa, sia perché emanante dalla
            «grande madre» russa” .
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               Roatta parla anche  della politica di internamento coatto condotto sulle famiglie
            dei partigiani o sospetti tali, che costituì forse la pagina più colpevole del suo co-
            mando e che lui descrive in termini piuttosto mendaci, riducendo il numero degli
            internati e tacendo sulle condizioni talvolta drammatiche della vita nei campi: “In
            realtà la 2ª Armata ha internato complessivamente, in campi convenientemente at-
            trezzati, poco più di 30.000 persone, delle quali solo poche migliaia a titolo non
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            volontario” .
               Roatta si fa scudo per giustificare la propria condotta sia delle atrocità com-
            messe dai partigiani contro i soldati italiani sia di quelle commesse contro la stessa



            18  G. CIANO, Diario, cit., p. 582.
            19  M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., pp. 169-183.
            20  Ivi, p. 177.
            21  Ivi, p. 173.
            22  M. ROATTA, Otto milioni di baionette, cit., p. 174.
            23  Ivi, p. 176.

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