Page 189 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Memoria dell’occupazione
minor guaio che aver a che fare con gli alleati croati e tedeschi e –Dio scampi- con
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i governatori, alti commissari e prefetti italiani” .
Al contrario di quasi tutti gli altri tuttavia, il testo si sofferma maggiormente
sull’argomento dell’occupazione, della guerra anti-partigiana, della cooperazione
coi tedeschi .
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Per ciò che riguarda le politiche di occupazione, pur rendendo onore al valore
dei partigiani, compresi quelli di Tito, Zanussi non ha dubbi che il comportamento
degli italiani sia stato corretto, tranne le solite “inevitabili” eccezioni. Ammette
che degli innocenti possano essere stati uccisi e che “qualche oggetto prezioso o
qualche maiale” possano essere stati asportati -cosa per altro punita severamente
dall’articolo 185 del codice penale italiano di guerra- ma nel complesso il quadro
da lui fornito è quello di un Regio Esercito che interpreta la parte dell’occupante
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con la minore violenza possibile . Non mancano per altro, alcune notazioni oggi
sgradevoli a leggersi, come l’accenno alla civiltà “superiore” degli italiani rispetto
ai primitivi popoli balcanici, o il tentativo di rovesciare sul maresciallo Cavallero,
morto, tutti i compromessi della politica militare italiana col fascismo e i tedeschi,
come se col fascismo e i tedeschi l’autore, e con lui tutti gli alti gradi dell’esercito,
non avesse avuto a che fare mai .
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Anche se di uno stile un po’ datato, Zanussi non è un cattivo scrittore: nutrito
di ottime letture, ironico -forse fin troppo-, talvolta reticente ma capace di andare a
fondo nelle questioni, l’ufficiale tratteggia con efficacia la sua esperienza di guerra,
che è soprattutto la storia della collaborazione con il generale Mario Roatta.
I rapporti di Zanussi col superiore non sono sempre idilliaci, e i difetti del ge-
nerale, come quelli di molti altri, sono descritti molto esplicitamente in alcune
pagine . Questo non è un caso raro nella memorialistica militare, che spesso, e
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soprattutto dopo una guerra perduta, è anche il tentativo di addossare ad altri le
responsabilità dell’insuccesso. Zanussi tuttavia non ha particolari conti da rendere;
come ufficiale di stato maggiore, non aveva infatti comando di truppe e si limitava
a coadiuvare il suo capo nello svolgimento della sua funzione. Forse anche per que-
33 Ivi, p. 224.
34 Ivi, pp. 240-243.
35 “[…] chi vorrà credere che fra un nostro soldato e il balcanico, il sanguinario sia proprio il
nostro soldato? Tutta la storia lontana e recente sta a smentire una risposta affermativa alla
domanda siffatta”; “ […] a parte il fatto che i popoli primitivi come i balcanici sono assai più
adatti a esercitare la guerriglia di quanto non lo siano i popoli dotati come il nostro di una ci-
viltà superiore”; “[…] a furia di stare in mezzo ai balcanici abbiamo finito col balcanizzarci
anche noi”. Ivi., pp. 221, 227-228, 243.
36 G. ZANUSSI, Guerra e catastrofe d’Italia, cit., pp. 292-293.
37 I giudizi, anche estremamente aspri, sui superiori e sui politici, italiani e no, sono frequentis-
simi nelle pagine di Zanussi, ed hanno un evidente sapore di sfogo.
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