Page 193 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Memoria dell’occupazione


                   estremamente maldestra: tribunali militari, condanne a morte, deportazio-
                   ni. Tutte cose queste in chiave provinciale e con estrema mitezza a fronte
                   di quello che avrebbero fatto e fecero allora ed in altre occasioni tedeschi,
                   russi, francesi, soprattutto jugoslavi, ma con un disagio che permane an-
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                   che nella ricostruzione dei fatti a distanza di tanti anni” .
                Francesconi è però proveniente dall’Esercito e non dalla Milizia, e giudica ne-
             gativamente l’invio dei reparti di Camice Nere  che, tranne il VII “Milano”, sono
             composti di riservisti quarantenni che si impegnano in bastonature ma sono “ina-
             datti alla bisogna” di una guerra di contro-insurrezione .
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                Si affaccia qui un altro elemento, frequente nella memorialistica di altri fronti,
             ovvero la poca simpatia fra “regolari”  e fascisti.
                La scelta della cooperazione coi tedeschi è, ancora una volta, rivendicata non
             con una adesione ideologica ma come pura necessità di sopravvivenza per l’italia-
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             nità locale . Ne sono testimonianza i pessimi rapporti con i croati: “Nei due mesi
             successivi gli incidenti fra i nostri ed i croati scesi in città al seguito dei tedeschi,
             furono continui. La divisa ustascia rappresentava per se stessa una provocazione a
             Zara, provocazione alla quale i ragazzi rispondevano menando le mani, con il risul-
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             tato che, in poco tempo, militari croati a Zara non se ne videro più .
                L’ultima, e meno nutrita, categoria di memorie è quella che ha per oggetto esclu-
             sivamente il periodo dell’occupazione. Essa comprende non più di una decina di
             titoli per tutto il settore dei Balcani, ma solo quattro riguardano specificamente la
             Croazia.
                Fra questi, il primo e più noto è Santa Messa per i miei fucilati,scritto dal cap-
             pellano militare Pietro Brignoli, e che costituisce la testimonianza, non la prima ma
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             certo la più umanamente partecipe, dell’attività repressiva delle truppe italiane .
                Non differente per impostazione, ma più polemico nel registro è il libro I/51° di
             Mario Casanuova, incentrato però soprattutto sulle operazioni in Slovenia , mentre
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             Fuochi di bivacco in Croazia del colonnello Giuseppe Angelini, incentrato sull’e-
             sperienza della divisione re, riecheggia sostanzialmente gli argomenti e i temi della
             memorialistica dei generali: la violenza endemica delle popolazioni balcaniche; la
             filantropia del soldato italiano; l’azione criminale e dei partigiani; la durezza inevi-



             44  TEODORO FRANCESCONI, Le bande V.A.C. in Dalmazia, cit.,  p. 14.
             45  Ivi, p. 16.
             46  Ivi, p. 40.
             47  TEODORO FRANCESCONI, Le bande V.A.C. in Dalmazia, cit., p. 46.
             48  PIETRO BRIGNOLI, Santa Messa per i miei fucilati, Milano, Mursia, 1973.
             49  MARIO CASANUOVA, I/51°, Firenze, Il Fauno, 1965.

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