Page 195 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Memoria dell’occupazione


                 Altri italiani semplicemente rimangono stupiti, e senza troppo sofisticare si li-
             mitano a considerare le donne partigiane come una gradevole e bizzarra sfumatura
             nella tragedia generale.
                Un’altro dei racconti raccolti da Bassi è quello del tenente De Rossi, catturato
             nel febbraio 1943 dai partigiani a Bradina, paesino cattolico ai confini dell’Erze-
             govina, quando il caposaldo era stato espugnato durante l’operazione Weiss. Il rac-
             conto è forse il più efficace nel restituire un quadro abbastanza fedele della guerra
             nei Balcani;
                      “Mi trovavo in paese ormai da cinque mesi; conoscevo tutti, uomini,
                   donne, ragazzi. Spesso i bambini venivano a chiedere i resti del rancio ed
                   i miei soldati davano loro quello che restava e qualche mezza pagnotta.
                   Qualcheduno era venuto a chiedermi qualche pastiglia di aspirina o qual-
                   che pillola, ed io ero ben lieto di favorirli. Tutto ciò aveva creato una certa
                   familiarità con la popolazione ed io ne avevo approfittato per crearmi un
                   piccolo servizio informazioni che mi garantiva dalle sorprese” .
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                Annota quindi con precisione De Rossi: “Alle ore 14 del 17 febbraio venne
             uno dei miei informatori ad avvisarmi che la sera stessa, nella notte, i partigiani
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             mi avrebbero attaccato ; raccomandava quindi di stare attenti” . Il combattimento
             successivo è descritto molto animatamente fino alla cattura, dalla quale in poi De
             Rossi passa dalla condizione di combattente a quella di prigioniero.
                Il racconto dell’ufficiale prosegue narrando di come la stessa gente del posto sia
             venuta ad intercedere per lui con i partigiani, di come sia riuscito a far risparmiare
             i sette carabinieri dall’uccisione, e di come una dottoressa partigiana abbia fatto
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             una fugace apparizione fra i feriti italiani, “pro forma” . Pur non nascondendo un
             forte malanimo per gli avversari, l’ufficiale non sembra preoccupato di giustificarsi
             con il lettore, è certo di aver combattuto una guerra senza esclusione di colpi da
             entrambe le parti. Sulla giustezza della guerra non si fa domande, poiché non è a lui
             che è rimessa la questione.
                Questa prospettiva è quella che pervade anche un altro libro di memorie scritto
             da un ufficiale italiano, Guerriglia sulla ferrovia del petrolio, di Fernando Mafrici.
             Il libro offre, con un tono occorre aggiungere più ironico del consueto, il racconto
             dell’occupazione italiana della regione al confine fra Croazia e Slovenia. Utile per
             il racconto delle vicende militari, il testo di Mafrici approfondisce però poco il
             retroterra politico dell’occupazione, limitandosi per lo più alle consuete frecciate



             53  Ivi, p. 62.
             54  Ivi, p. 63. L’ufficiale in realtà non usa mai la parola “resa”, lasciando il lettore a supporre che
                egli abbia, ad certo momento, deciso di cessare il fuoco.
             55  Ivi., pp. 68-69.

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