Page 200 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.
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questo tipo di giudizi . I racconti sono quelli già usuali al termine della Grande
Guerra fra i reduci russi e tedeschi, che circolavano anche fra le truppe francesi e
britanniche nel 1916-17 e che dopo Caporetto diventeranno comuni anche in Italia.
Lamentele contro gli “imboscati” rimasti a casa, contro gli ufficiali dei comandi
che vivono lontano dai pericoli e dai disagi, contro i politici, ovvero i gerarchi, e gli
amministratori “che rubano” o, per usare una espressione frequente, “che mangia-
no”, chiara allusione al fatto che il cibo delle truppe non fosse soddisfacente e che
quindi i soldati associassero istintivamente una condizione di illecita comodità con
un abbondante regime alimentare.
Sebbene nei Balcani la percezione della sconfitta fosse meno diretta che per i
soldati catturati in Africa, un confronto fra queste dichiarazioni e la memorialistica
disponibile rivela che lo stato d’animo generale fosse quasi lo stesso. Anzi, il fatto
che la guerra nei Balcani non fosse ancora giunta alla sua conclusione, benché l’e-
sito del conflitto fosse deciso faceva apparire ai soldati ancora più vani i loro sforzi,
e ancora più insensata la morte che li circondava. La guerra proseguiva per volontà
di altri, fossero i tedeschi o i partigiani rossi, e gli italiani continuavano a prendervi
parte unicamente per obbedienza agli ordini, ma senza speranza di poter giungere
ad un risultato definitivo e sperando solo nel momento del rimpatrio.
Unica eccezione a questo stato d’animo diffuso fra gli italiani erano i fascisti e
i dalmati, entrambi convinti che la partita non fosse persa e che in ogni caso non vi
fosse alternativa combattere fino alla fine, come fecero.
73 Ivi, pp. 325-326.
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