Page 197 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Memoria dell’occupazione


             La frequenza degli accenni da parte italiana ad avventure sentimentali, e la parallela
             reticenza delle fonti jugoslave su di un fenomeno che, nonostante la barriera delle
             lingua, dovette essere tutt’altro che episodico, ha un corrispettivo riscontrabile in
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             tutti i paesi occupati durante la guerra, compresa l’Italia . Le pagine dedicate da
             Mafrici ad Annika, da lui definita “l’unica luce viva in tanto buio”, rendono bene
             il profondo desiderio di normalità che accompagnava i giorni dei soldati italiani, il
             loro isolamento e, da ultimo, la loro stanchezza della guerra .
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             I soldati


                I ricordi lasciati dai soldati reduci dai Balcani non sono molti. La scarsa scola-
             rizzazione degli italiani dell’epoca riduceva di molto il numero di quanti potevano
             impugnare la penna per dare forma ai propri ricordi. L’opera di alcuni autori in
             tempi recenti ha tuttavia consentito di raccogliere alcune testimonianze, a circa
             cinquant’anni dai fatti, degli uomini comuni che si erano trovati a combattere la
             guerra anti-partigiana.
                La testimonianza preziosa delle lettere a casa è stata analizzata nel saggio Ho
             fatto la Grecia, l’Albania, la Jugoslavia, mentre altre testimonianze, raccolte però
             anni dopo, sono state collazionate da Giulio Bedeschi nel suo Fronte Jugoslavo,
             c’ero anch’io .
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                I soldati sono meno propensi degli ufficiali in generale a negare la realtà della
             guerra. In tutti comunque si ritrova la costante della “violenza restituita”, ovve-
             ro della rappresaglia condotta esclusivamente come ritorsione agli attacchi subiti.
             Rappresaglia poco utile, occorre aggiungere. Tutti o quasi infatti concordano, an-
             che a distanza di tanti anni, che quella guerra così crudele non aveva riscontri con-
             creti. I partigiani non riuscivano a costringere gli italiani ad andarsene, gli italiani
             non riuscivano a trovare ed eliminare i partigiani. Il conflitto proseguiva, logorante

                la: da una parte la relazione sentimentale con le donne locali, spesso viste come oggetti ses-
                suali, e dall’altra lo sconcerto e il disprezzo per le donne partigiane che avevano oltrepassato
                la frontiera di genere. ERIC GOBETTI, L’occupazione allegra. Gli italiani in Jugoslavia
                1941-1943, Roma, Carocci, 2007, pp. 188-189.
             61  Vedi:  LOWE  KEITH,  Il  continente  selvaggio.  L’Europa  alla  fine  della  Seconda  Guerra
                Mondiale. Bari, Laterza, 2014.
             62  MAFRICI, Guerriglia sulla ferrovia del petrolio, cit., p. 142.
             63  GIULIO BEDESCHI, Fronte Jugoslavo-balcanico: c’ero anch’io. Milano, Mursia, 1985;
                ANGELO BENDOTTI, GIULIANA BERTACCHI, MARIO PELLICCIOLI, EUGENIA
                VALTULINA, Ho fatto la Grecia, l’Albania, La Jugolsavia, in: Atti del Convegno “L’Italia
                in guerra (1940-43), Brescia 1989, Annali della Fondazione “Luigi Micheletti”, anno 1990-
                1991.

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