Page 188 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.


               La frase finale è rivelatrice: “senza un ideale che giustificasse il loro sacrificio”;
            i soldati morti combattendo contro i partigiani sono per il generale più disgraziati
            degli altri, poiché sono caduti, sia pure eroicamente, in una guerra senza scopo e
            senza onore militare.
               Tornato in Jugoslavia nel gennaio 1943, il generale passa al comando della Fer-
            rara, schierata sul litorale montenegrino, che terrà per quattro mesi. Nel ricordare
            qual periodo Ceriana fa un esplicito riferimento alle accuse di crimini da parte
            jugoslava, perorando decisamente l’immagine dell’italiano come di un occupante
            mite, equo e alieno da brutalità.
                     “E oggi, che così spesso si sente parlare da gente straniera e purtroppo
                  talvolta nostrana, di atti criminali commessi dagli italiani nei Balcani,
                  è bene ricordare come l’azione da noi svolta, colà e altrove, non abbia
                  mai avuto lo scopo di soggiogare  i popoli, opprimerli e sfruttarli. […]
                  La criminalità addebitata a questo o quel militare, sia pure come caso
                  sporadico, perché essa possa essere ammessa, dovrebbe esser prima rigo-
                  rosamente documentata con la necessaria obbiettività, e posta in relazione
                  all’ambiente nel quale si sarebbe esercitata  e nel quadro delle azioni e
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                  reazioni” .

               Il vecchio soldato non defletteva dunque dal suo punto, che poi era quello di
            tutti i suoi colleghi: nulla poteva essere rimproverato al soldato italiano; se qualche
            eccesso era avvenuto esso era da ritenersi del tutto incidentale.

               Fra gli ufficiali che hanno lasciato le proprie memorie, un caso particolarmente
            interessante è poi quello del colonnello, poi generale, Giacomo Zanussi, “braccio
            destro” di Roatta allo Stato Maggiore dell’Esercito, alla 2ª e alla 6ª Armata e poi di
            nuovo allo  Stato Maggiore, e che svolgerà anche un ruolo nelle trattative di armi-
            stizio dell’estate ’43.
               Stampate già nel 1945, le memorie di Zanussi, dal titolo Guerra e catastrofe
            d’Italia, si soffermano lungamente sulla guerra nei Balcani ed in particolare in
            Croazia, essendo quello il luogo dove l’autore ha lavorato per oltre un anno come
            sottocapo di stato maggiore della 2ª Armata.
               La sua opinione circa la guerra in Croazia non differisce comunque da quella dei
            suoi colleghi: pessimo il giudizio sugli ustaĉa –“camarilla di intriganti e masnadie-
            ri”-, cattivo quello sui tedeschi, severa la critica al modo in cui il Paese è stato por-
            tato in guerra dai suoi vertici . Pessima soprattutto è l’opinione sui funzionari civili
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            e di partito italiani:  “Aver a che fare con i ribelli è sempre un guaio. Ma è sempre

            31  Ivi, p. 133.
            32  GIACOMO ZANUSSI, Guerra e catastrofe d’Italia, Vol. I, Roma, Casa editrice Libraria
               Corso, 1945, p. 295.

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