Page 187 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Memoria dell’occupazione


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             popolazione civile, un refrain questo che ritorna in tutti i reduci dai Balcani .
                Un utile termine di confronto a questo riguardo è offerto dalle conversazioni
             dei generali italiani prigionieri in Gran Bretagna e intercettate dai britannici. La
             Jugoslavia è quasi sempre assente dalle conversazioni, tuttavia i rari accenni che
             i prigionieri fanno a proposito della guerra anti-partigiana confermano tutte che i
             generali italiani condividevano in sostanza il medesimo punto di vista: le atrocità
             maggiori sono attribuite ai partigiani e ai tedeschi .
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                Il generale Taddeo Orlando nel rievocare la sua esperienza di comandante di
             divisione in Croazia fa suoi gli stessi argomenti di Roatta, presentando la propria
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             condotta come una missione a difesa delle popolazioni dai croati e dai comunisti .
                Sulla stessa linea è anche un altro dei pochi libri di memorie di generali italiani
             nei Balcani, Parla un comandante di truppe, scritto dal generale Ceriana Mayneri,
             comandante in Jugoslavia in due differenti riprese di truppe di occupazione.
                Anche nelle pagine di Ceriana, che l’autore presenta come un diario scritto gior-
             no dopo giorno, si può riconoscere il quadro consueto: lo sconcerto di fronte la
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             violenza scatenata dagli ustaŝa , l’intervento degli italiani in difesa della popola-
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             zione locale  , l’ostilità celata, o quasi, per i tedeschi che aumenta sempre più . Il
             commento più significativo però è quello del 26 settembre 1941, poche righe che
             offrono uno spaccato sincero dell’orizzonte mentale dei comandanti italiani e del
             loro modo di concepire la guerra:
                       “Dal 6° Reggimento mi giungono notizie circa l’occupazione di Dr-
                   var. […] Nostre perdite tre morti e una decina di feriti. Poveri morti! Si
                   sono immolati eroicamente sull’Altare della Patria, senza un ideale che
                   giustificasse il loro sacrificio” !
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             24  Roatta definisce la repressione italiana  come condotta “decisamente ed energicamente, ma
                sempre nella forma consentita –in simili occorrenze- dalle leggi e dagli usi di guerra”. Ivi, p.
                178.
             25  A. OSTI GUERRAZZI, Noi non sappiamo odiare, cit., pp. 270-271.
             26  Ivi, p. 269.
             27  C. CERIANA MAYNERI, Parla un comandante di truppe, Napoli, Ruspoli, 1947, pp. 78-
                81.
             28  “29 maggio 1941. È d’uopo riconoscere, senza tema di smentita, che l’azione del nostro sol-
                dato  nei contatti spiccioli con le popolazioni locali, è sempre ispirata ad un elevato senso di
                bontà e di civiltà. […] se avvengono eccezionalmente casi di piccole razzie, non appena a
                conoscenza dei comandi sono esemplarmente puniti. Infine i nostri medici militari prestano
                l’assidua e disinteressata opera loro, dovunque e sempre richiesta”. C. CERIANA MAYNE-
                RI, Parla un comandante di truppe, cit., p. 73.
             29  “4 novembre 1941. Mio ordine del giorno per esaltare in questo fausto anniversario la nostra
                vittoria dell’altra guerra. Non importa se eravamo alleati dei nostri attuali nemici; magari lo
                fossimo ancora”! Ivi, p. 89.
             30  Ivi, p. 82.

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