Page 51 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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Le operazioni della 2ª Armata e la creazione dello Stato Indipendente Croato


                Nel frattempo anche la popolazione dell’entroterra occupato (Kninska Krajina,
             Lika e area dell’Erzegovina circostante Mostar), che sulla costa dalmata gravita
             culturalmente ed economicamente, vive con inquietudine gli avvenimenti, nell’at-
             tesa di conoscere il proprio destino. Anche l’entroterra è ritenuto dai croati e dalle
             autorità di Zagabria a tutti gli effetti parte della Croazia; i serbi, per “istintiva sal-
             vaguardia”, di fronte al pericolo delle rappresaglie ustaša finiscono con il sostenere
             le rivendicazioni italiane. La comunità serbo-ortodossa è particolarmente compatta
             nella zona da Obrovazzo (Obrovac) a Dernis (Drniš) con, al centro, il comune di
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             Knin nel quale vivevano circa ventimila serbi e tremila croati.
                La popolazione serba di Knin, Gospić, Gračac e degli altri comuni della Kninska
             Krajina e della Lika sostiene necessariamente l’annessione della regione all’Italia e
             gli italiani, a loro volta, nella piena consapevolezza dell’importanza di controllare
             anche quella parte di retroterra dalmata economicamente legato alla costa, prendo-
             no in considerazione la possibilità – inizialmente sostenuta dallo stesso Mussolini
             – di assegnare all’Italia l’intera zona. Il commissario civile distrettuale di Knin,
             Carlo De Hoeberth, sostiene l’iniziativa di due notabili serbi suoi compagni di stu-
             dio nel ginnasio italiano della Zara austriaca – il dottor Niko Novaković, fiduciario
             comunale di Knin ed ex ministro, e l’avvocato Boško Desnica di Obrovazzo – che
             consegnano all’autorità italiana a Spalato una petizione firmata da oltre centomila
             serbi della Bucovizza, regione montana fra Sebenico e Zara, con cui si richiede
             l’annessione dell’area all’Italia (7 maggio). Si spera così di esercitare pressioni
             su Zagabria per delegittimare le pretese croate e si ritiene che la stessa operazione
             possa essere ripetuta con altre comunità serbo-ortodosse fra Dubrovnik e le Bocche
             di Cattaro. La petizione ha notevoli ripercussioni anche fra i serbi della Bosnia e
             pochi giorni dopo al comando della Divisione Sassari si presentano i rappresen-
             tanti delle comunità di Bosanski Grahovo, Dervar (Drvar), Sanski Most, Bosanski
             Petrovac, Bihać, Bosanska Krupa, Ključ e Donj Lapac, invocando l’annessione
             all’Italia. Sentimenti favorevoli agli italiani sembra fossero infine dimostrati anche
             dai musulmani e dal resto della popolazione dell’Erzegovina. La notizia della peti-
             zioni, tuttavia, giungerà a Mussolini troppo tardi, quando i confini tra Italia e Stato
             Indipendente Croato saranno ormai già stati definiti. 32
                Il processo di integrazione e riavvicinamento tra nazionalità jugoslave diviene
             in tal modo uno degli obiettivi fondamentali della politica del Commissariato civile
             italiano, al fine di mantenere l’ordine pubblico nei territori occupati, ma l’intransi-
             genza degli ustaša inizia fin da subito a dar vita alle prime cruente manifestazioni
             contro serbi ed ebrei. Nelle zone controllate dagli italiani vanno costituendosi for-

                zioni di carattere politico, 2) Situazione politica in Croazia e Dalmazia, f.to il Generale Co-
                mandante designato d’Armata V. Ambrosio, P.M.10, 9 maggio 1941-XIX.
             31  O. Talpo, op. cit., pp. 179-180.
             32  Ibidem, pp. 181-183.

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