Page 72 - La quinta sponda - Una storia dell'occupazione italiana della Croazia. 1941-1943
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La “quinta sponda “ storia dell’occupazione italiana della Croazia.


            cento četnici che annunciano la loro resa e quella di altri cento serbi armati (il 15
            anche il capo di un battaglione musulmano tratta la resa). Mentre l’aviazione italia-
            na concorre con voli di ricognizione e bombardamenti, nel settore della taurinense
            tre battaglioni proletari, per perdite subite e defezioni, cessano di esistere. L’area
            può ormai dirsi “ripulita” delle forze ribelli e l’operazione “Trio” considerarsi ulti-
            mata, con almeno tremila perdite partigiane tra morti, feriti e prigionieri. Risultano
            inoltre disperse formazioni partigiane o individui isolati, che sul momento portano
            a quasi cinquemila il numero degli uomini persi da Tito. Nei giorni successivi, fino
            alla fine del mese, in nuovi rastrellamenti e durante i movimenti delle divisioni ver-
            so i presidi e le nuove località d’impiego, si hanno ancora scontri armati. 16
               Le due fasi operative “Trio I” e “Trio II”, dal 15 aprile al 15 maggio 1942, sono
            dunque mal coordinate di proposito da croati e tedeschi, che agiscono anticipando i
            piani italiani. I reparti ustaša della Crna Legija agli ordini del colonnello Francetić,
            circa tremilacinquecento uomini tra cui volontari musulmani, occupano gran parte
            del territorio a maggioranza ortodossa. Con l’operazione “Trio” lo Stato Maggiore
            italiano (non Roatta) persegue anche l’intento – politico e non strategico – di esten-
            dere l’occupazione oltre la linea di demarcazione con quella tedesca – temporanea-
            mente decaduta per assicurare l’efficace svolgimento del ciclo operativo – ponendo
            un saldo piede nella Bosnia: il comando tedesco, tuttavia, sembra aver ben chiare
            le intenzioni italiane e anticipa l’attacco proprio con l’intenzione di escludere la
            penetrazione italiana, spingendo i partigiani verso sud-est. Il timore principale di
            Bader – con alle spalle Glaise von Horstenau – è che gli italiani riescano infine a
            subentrare ai tedeschi nell’occupazione di Sarajevo (al posto della 718ª Divisione
            di Fanteria tedesca la taurinense o altra divisione italiana) così da estendere pro-
            gressivamente la zona da loro controllata fino alla Sava, con un conseguente ripiego
            tedesco anche nel controllo delle risorse economiche dell’area. 17
               Le operazioni terminano con un parziale successo e la rioccupazione di Foča,
            in quel momento quartier generale di Tito. Per i tedeschi, che riprendono il con-
            trollo della zona d’occupazione e allontanano i partigiani da Sarajevo, il risultato
            è sicuramente positivo, come del resto per i croati, che ottengono nuovamente il
            controllo dei poteri civili su una parte importante del territorio dello Stato Indi-
            pendente Croato (i funzionari amministrativi e la gendarmeria croata seguono le


            16  Ibidem, Vol. VII, Tomo I, Scacchiere Bosnia, Divisione “Pusteria”, 12 maggio 1942-XX, p.
               84; id., Divisione “Cacciatori”, 13-15 maggio 1942-XX, pp. 91-109. Perdite italiane: 949
               uomini; tedesche: 27; croate: 352; četnici: 179. Ibidem, Tomo II, doc. 23, p. 57.
            17  AUSSME, M-3, b. 57, fasc. 3, Notizie dal Centro I di Sarajevo, all’Eccellenza Roatta Saraje-
               vo, Confidenze d’un ufficiale tedesco, f.to Magg. A. Cargnelli, Sarajevo 4 maggio 1942-XX;
               ibidem, b. 58, fasc. 1, Stato Maggiore R. Esercito, Ufficio Operazioni I-Sez. 3ª, prot. n. 4605,
               oggetto: Operazioni in collaborazione con i tedeschi e i croati in Croazia, Promemoria per
               l’Eccellenza Roatta, f.to il Capo di Stato Maggiore, P.M.9, 19 marzo 1942-XX.

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