Page 73 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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chiara e il timore di lasciare campo libero ad eventuali avversari .
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Profondamente diffidente della politica delle potenze europee, dietro la qua-
le sospettava, e non a torto, la volontà di ampliare le proprie posizioni in Asia,
il presidente Wilson non aveva avuto inizialmente nessuna intenzione di asse-
condare una tale operazione con i soldi e i soldati statunitensi. Alla luce dei fatti
il presidente era intenzionato a lasciare che i russi regolassero da soli le loro
faccende, e non vedeva la ragione di parteggiare per l’uno o per l’altro dei con-
tendenti, dacché ai suoi occhi il dispotismo zarista non era migliore di quello
di Lenin, opinione questa condivisa da una larga parte dell’opinione pubblica
anche in Europa.
Nell’estate del 1918, tuttavia, la posizione del presidente statunitense era
cambiata, orientandosi affinché si portasse aiuto ai cecoslovacchi, combattenti
di una nazionalità oppressa isolati in territorio ostile. Del resto una politica di
prudente interevento in Russia era sempre meglio di una completa assenza di
politica, che lasciava ad altri il campo libero. Nella parziale conversione di
Wilson giocò una parte il Segretario di Stato Lansing, che condivideva con
Churchill una viscerale avversione al bolscevismo, da lui definito “l’idea più
mostruosa che la mente umana abbia mai concepito”. Anche Lansing si rendeva
conto dell’opposizione del Congresso ad una guerra contro il comunismo, ma
riteneva possibile raggiungere il medesimo scopo con un prestito che, attraver-
so Francia e Gran Bretagna, sostenesse la guerra delle armate bianche. .
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Lansing poté così annunciare ai primi del mese di giugno la disponibilità
americana ad inviare un contingente a Murmansk, per rafforzare il piccolo pre-
sidio britannico. Alla metà di giugno i primi soldati britannici, canadesi e statu-
nitensi presero terra a Murmansk al comando del generale Frederik Poole sen-
za incontrare nessuna opposizione. Anche nel campo sovietico, infatti, i pareri
sul da farsi non erano concordi. Il presidente del Soviet di Murmansk, Aleksej
Michailovic Jurev, era infatti favorevole ad un accordo con l’Intesa soprattutto
perché i generi alimentari che tenevano in vita la città erano importati dalle navi
alleate. Dichiarato “nemico del popolo” da Lenin, Jurev rispose che avrebbe
obbedito all’ordine di combattere gli alleati quando fossero arrivate le truppe e
i rifornimenti necessari, “in caso contrario”, aggiunse, “è perfettamente inutile
che mi teniate lezioni”. Pochi giorni dopo la ferrovia che collegava la città alla
Russia venne sabotata e il 6 luglio Jurev e Poole firmarono un formale accordo
di cooperazione .
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124 L’Esercito Italiano nella Grande Guerra (1915-18), pp. 4447.
125 V. SEBESTYEN, Lenin, cit., p. 395.
126 W. BRUCE LINCOLN, I bianchi e i rossi, cit., pp. 157158.

