Page 74 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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                    Non era molto, ma era un inizio. I franco-britannici si sentirono quindi inco-
                 raggiati a proporre l’operazione di soccorso ai cecoslovacchi anche ai giapponesi.
                    In Giappone si era da sempre favorevoli all’idea di intervenire in Siberia, ma
                 non c’era accordo sul come. Se il Primo Ministro Hara e il vecchio leader rifor-
                 matore Sajonji propendevano per un intervento concertato con gli Stati Uniti, al-
                 tri componenti del governo miravano soprattutto ad acquisire il controllo dell’in-
                 tera Manciuria, e non volevano quindi intromissioni straniere; vi era persino una
                 fazione, capeggiata dal generale Tanaka, che vedeva la possibilità per il Giappone
                 occupare l’intera Siberia fino al Lago Bajkal per annetterla all’Impero .
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                    Di fronte alla nuova proposta di allestire un contingente per aiutare i ceco-
                 slovacchi, Tokyo scelse una condotta ambigua: il Giappone avrebbe partecipato
                 con un grande contingente in cooperazione con gli Alleati, ma l’intervento stes-
                 so sarebbe stato demandato esclusivamente all’Esercito giapponese, ovvero al
                 partito più ostile ad una gestione concordata dell’intervento in Russia .
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                    Il ministro degli Esteri Motono propose quindi agli Alleati l’invio di un cor-
                 po di spedizione giapponese di 72.000 uomini per aprirsi la strada fino alle
                 posizioni tenute dai cechi, ma a condizione che esso fosse soggetto agli ordini
                 di Tokyo e non a quelli di Foch.
                    Quest’ultimo, rassegnatosi all’idea che le forze giapponesi fossero le sole
                 disponibili  in  numero  sufficiente,  accettò;  tuttavia,  non  volendo  delegare  al
                 Giappone l’intera operazione, riuscì ad imporre l’invio di una forza composta
                 da diversi contingenti, di cui quello giapponese sarebbe stato il più cospicuo ma
                 non l’unico. In questo modo pur affidando ai nipponici il comando delle opera-
                 zioni si sarebbe messo un freno alle loro ambizioni.
                    Il Giappone accettò, ma ridusse di molto il contingente previsto. Se gli Alleati
                 gli impedivano di fare da sé era inutile imbarcarsi in operazioni in grande stile.
                    La Gran Bretagna avrebbe preferito realizzare un’opzione più ambiziosa,
                 molto simile a quella esposta da Foch in dicembre ma, visto tramontare tale
                 piano, ammesso che fosse realizzabile, Londra si limitò ad inviare un piccolo
                 contingente di 1.500 unità.
                    L’esiguità del contingente britannico finì per condizionare anche l’impegno
                 degli altri: il Canada destinò alla missione in Siberia 4.000 uomini, i francesi
                 1.400 fucilieri annamiti e qualche decina di ufficiali; la Cina inviò 2.000 soldati
                 in qualità di “osservatori”. L’Italia, di cui ci si occuperà in seguito, partecipò


                 127  “Il fatto che tutti, tranne il Giappone, fossero impegnati in Europa apriva in Asia orientale un
                    vuoto di potere”. S. K. FAIRBANK, E. O. RISCHAUER, A. M. CRAIG, Storia dell’Asia Orien-
                    tale, pp. 669­670.
                 128  S. K. FAIRBANK, Storia dell’Asia orientale, p. 669.


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