Page 79 - Missione in Siberia - I soldati italiani in Russia 1915-1920
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E non era la più pessimista.
Il Governo di Omsk era teoricamente sovrano in tutte le città siberiane libe-
rate dai cechi, tranne che a Vladivostok, dove i giapponesi avevano incoraggia-
to già dall’aprile la costituzione di un semi-clandestino Governo della Siberia
Autonoma destinato di lì a poco a fondersi con il Comitato dell’Estremo Orien-
te presieduto dal generale Horvath sd Harbin.
In Europa gli stessi britannici avevano del resto provveduto ad una operazio-
ne analoga ad Archangelsk, occupata nel maggio 1918, dove avevano favorito
la formazione di un governo anti-bolscevico presieduto dal social-rivoluziona-
rio moderato Nicolaj Ciajkovskj.
Questa proliferazione di governi bianchi infatti delle più svariate sfumature
politiche venne accolta dalle forze anti-bolsceviche nella Russia Europea con
molto scetticismo, tanto il generale Yudenich, capo delle forze antibolsceviche
nel Baltico, che il generale Denikin, che comandava quelle del Kuban non era-
no affatto propensi a sottomettersi a delle assemblee autoproclamate sorte in
questa o quella città della Russia.
L’impressione che questi fermenti fecero sugli Alleati non fu nel complesso
buona. I politici russi apparivano presi da una verbosa litigiosità, e nel comples-
so non mostravano una grande determinazione a voler combattere. Il colonnello
francese Pichon, ne ha lasciato in una sua relazione un ritratto molto critico:
“A Vladivostok, prima dell’intervento czeco, i partiti antibolscevichi do-
mandavano insistentemente armi e sussidi, radunandosi e dichiarandosi
nell’impossibilità di attendere, pronti a marciare da soli contro i Bolsce-
vichi. Il giorno stesso dell’azione essi non resero alcun servizio; però le
mitragliatrici tiravano ancora che di già un governo siberiano proclama-
va la sua esistenza. Dopo la vittoria i membri sortivano dalle loro tane
festeggiando il loro successo e si vedevano riapparire delle orde tanto
indisciplinate quanto erano quelle delle Guardie rosse (benché fossero
guardie bianche) che si dovettero disarmare all’istante perché la loro azio-
ne non era soggetta ad alcun controllo serio. L’unione promessa dai partiti
scompariva all’istante, volendo ciascheduno approfittare solamente della
mancanza di un potere. Non offrendo poi nessuno delle garanzie serie
sulle sue qualità organizzatrici, fu necessario non riconoscere nessuno e
dare istruzioni precise alle autorità locali sull’attitudine che esse doveva-
no prendere. Purtroppo una situazione consimile regnerà dappertutto e
per lungo tempo”.
La conclusione di Pichon era netta, e rifletteva in sostanza l’opinione che
molti a Parigi già nutrivano da tempo: “Non basta abbattere il regime bolscevi-

