Page 241 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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232 MARCO CUZZI
il futuro dibattito e l'ultima fase clelia vicenda estremo-orientale: "( ... ) credo cii
poter asserire che questi nostri procli hanno dato prove, non solo di brillante valore,
non solo di resistenza ammirevole a fatiche di ogni sorta, ma anche di salda
disciplina, e che in nessuna occasione essi si sono lasciati trascinare a commettere
eccessi, anche se provocati dall'esempio dei nemici contro i quali hanno dovuto
combattere"(62). Non la pensava cosÌ "l'Avanti!" che pochi giorni dopo pubblicava
una lettera di un anonimo soldato italiano che ammetteva di avere partecipato, e
attivamente, ai massacri di Tien-Tsin: "Dedichiamo" commentava il quotidiano
socialista "( ... ) l'edificante brano di prosa al procuratore generale di Roma, e lo
raccomandiamo al Ministro Morin perché meglio si informi sulle cose della Cina
prima di fare certe affermazioni in Parlamento" (63).
L'ultima fase delle reazioni politiche sulla questione estremo-orientale fu
inaugurata da un'interrogazione presentata dal deputato rudiniano Luigi Luzzatti
il 6 dicembre 1900, il quale chiese alla triade ministeriale competente (Esteri,
Guerra e Marina) se potevano "( ... ) confermare la lieta notizia che i nostri
valorosi soldati e marinai in Cina si siano tenuti estranei a atti di stragi e di
rapine" (64). L'onorevole Carlo Donati, anch'egli appartenente all'area di destra
presentò lo stesso giorno un'interrogazione analoga "per sapere come i nostri
soldati si condussero in Cina, e se presero parte alcuna alle atrocità che si affermano
commesse dalle truppe straniere"(65). Pit, articolata, e sottintendente una richiesta
di affrancamento delle truppe italiane dal teatro cinese, fu la richiesta del repubblicano
Gustavo Chiesi: "per sapere, se e quale parte ebbero le truppe italiane in Cina,
nei massacri e nei saccheggi commessi dalle truppe alleate, denunziati ora dalla
stampa di tutto il mondo civile; e, comunque, se la permanenza della nostra bandiera
fra gli alleati non implichi la complicità morale dell'Italia in quegli eccessi"(66). Il
Ministro della Guerra, generale Ponza di San Martino, rispose con fermezza ma
anche senza produrre elementi di prova. Il Governo, avuto sentore delle notizie,
si era rivolto al capo della legazione a Pechino il quale aveva confermato che
nessuna violenza né saccheggi erano stati compiuti dalle truppe italiane in marcia
da Tien-Tsin a Pechino, come peraltro confermato dal comando del corpo di
spedizione. "lo" aggiungeva il Ministro "quindi non dubito che i nostri soldati
abbiano sempre conservato una disciplina tale da escludere la possibilità di qualunque
rappresaglia e che non abbiano dimenticato mai che la generosità è dei forti"(67).
Ponza di San Martino concludeva il suo intervento rammentando l'inconsistenza
di molte notizie giunte quell'estate da Pechino, non ultima l'uccisione delle mogli
dei diversi ministri europei da parte degli stessi mariti per impedire loro di cadere
vive nelle mani dei boxer, quando in realtà esse erano state portate al sicuro in
Giappone. Se Luzzatti fu soddisfatto delle parole del Ministro, Donati si dimostrò
pit, cauto e soprattutto espresse perplessità circa la condotta complessiva del
corpo di spedizione internazionale: il conforto dato dalla notizia che le truppe
italiane non avevano partecipato agli eccessi descritti dai giornali "( ... ) è scemato