Page 244 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA PARTECIPAZIONE ITALIANA ALLA SPEDIZIONE INTERNAZIONALE CONTRO I BOXER... 235
internazionale e nessuno tra i comandanti ebbe a lamentarsi dell'equipaggiamento
invernale o dei viveri. Forse si trattava di equipaggiamenti inferiori a quelli degli
altri, ma nessuno ha mai protestato per questo: "Se siamo abituati a far con pOCO,
meglio per noi,,(75), concluse il Ministro clelia Guerra non senza suscitare alcuni
commenti e soprattutto mantenendo tutte le perplessità dell'onorevole Chiesi.
La questione cinese tornò all'ordine del giorno della Camera il 25 marzo
successivo, con un'interpellanza del sonniniano Ettore Fracassi in merito alla spinosa
questione della pubblicazione dei documenti diplomatici. Prinetti acconsentì alla
pubblicazione dei documenti diplomatici compresi tra i disordini dei primi mesi
del 1900 e i preliminari di pace, mentre ritenne prematura la pubblicazione dei
documenti successivi essendo le trattative di pace ancora in corso. Fracassi si
dichiarò insoddisfatto in quanto esigeva almeno la pubblicazione di quel carteggio
inerente all'annosa questione di San-mun, non ancora del tutto chiarita. Ma Prinetti
si dimostrò inamovibile: "lo all'onorevole Fracassi porterò l'esempio dei deputati
inglesi di opposizione la più risoluta, i quali non hanno mai premuto alcun Ministro
degli Affari Esteri del loro paese affinché presentasse documenti, che egli nella sua
coscienza e sotto la sua responsabilità non credesse giusto di pubblicare. È quindi
conscio della mia responsabilità che dico all'onorevole Fracassi di non ritenere
ancora giunto il momento di pubblicare i documenti, a cui l'onorevole Fracassi
ha alluso"(76).
Il dibattito parlamentare sulla questione estremo-orientale e la spedizione
militare si concluse nel giugno 1901 con una discussione introdotta dall'onorevole
Francesco Guicciardini, della sinistra storica post-crispina, il quale riassunse l'impresa
cinese nel modo seguente: "La partecipazione all'impresa cinese certamente non
poteva essere evitata, ma dobbiamo essere grati al Gabinetto Saracco di averla
contenuta nei limiti richiesti dagli interessi che abbiamo in Cina ed in quelli
segnati dalla nostra potenzialità economica. Ed ora, a cose finite o che si avviano
alla loro soluzione, di quella partecipazione non abbiamo diritto di lagnarci, perché
abbiamo raccolto notevoli frutti. Abbiamo reintegrato il prestigio del nome italiano
nell'Estremo Oriente, manomesso dall'inconsulta impresa di San-mun, abbiamo
accresciuto la nostra autorità nel concerto delle nazioni, ed abbiamo un legittimo
compiacimento per la buona figura che le nostre truppe e le nostre navi hanno
fatto nell'esercito e nella flotta internazionale. Ma se tutto ciò è vero, è anche
vero che quel senso di misura che ci ha assistito negli esordi della spedizione
conviene che non ci abbandoni ora". Guicciardini, su posizioni assai più prossime
a Giolitti che a Fortis, chiedeva dunque il ritiro della nostra spedizione, "appena
che le circostanze e gli obblighi che abbiamo verso le altre Potenze lo consentano",
l'astensione da qualsiasi occupazione territoriale che "rappresenterebbe un dispendio
di forze finanziarie, militari e diplomatiche" oltre a contrastare un'eventuale politica
di amicizia verso l'Estremo Oriente e la Cina in particolare, e il rafforzamento
della presenza consolare nel Celeste impero (77). Più energica apparve la posizione