Page 411 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA  MISSIONE  AERONAUTICA  ITALIANA  IN  ARAIIIA  SAUDITA  (1935-39)   401

               Salpando  da  Napoli  gli  ultimi  due  piloti  rimpatriati  inviarono  al  capo  del
          governo  italiano,  Mussolini,  un  telegramma  di  commiato:  "Nel  lasciare  l'Italia
          dopo  quattordici mesi  di  proficua istruzione  aeronautica ringraziamo vivamente
          Vostra Eccellenza per cordiali accoglienze avute durante permanenza. Inneggiamo
           maggiore grandezza Italia imperiale"(34).
               Sin dal 12 marzo Fuad Hamza aveva inoltrato a Bellini la lettera che esprimeva
          "i  ringraziamenti  del  Governo  di  Sua  Maestà  al  Regio  Governo  Italiano  per  la
           v;lIOlOS,l  assistenza  e  la  calorosa simpatia verso  i componenti la Missione stessa,
          assicurando che il mio Governo tiene in  dovuta considerazione il prezioso sforzo
          compiuto per l'esercitazione ed il successo della Missione suddetta"(35). Il Ministero
          degli Affari Esteri aggiungeva la propria gratitudine "per l'efficace assistenza tecnica
          e materiale prestata alla Missione aviatoria suddetta"(36). A questa lettera avevano
           fatto seguito le prime indiscrezioni sulla stampa araba, sostanzialmente coincidenti
          con la  posizione ufficiale(37).
               A fronte  di  un  costo  notevole  (la  prima  fase  era costata complessivamente
          all'Aeronautica  circa  400.000  lire:  il  considerevole  esubero  rispetto  all'ipotesi
          iniziale era in parte dovuto alla dilatazione temporale del programma, al conteggio
          del valore dei materiali tecnici utilizzati o ceduti agli allievi, ed in parte alla necessità
          da parte italiana di  integrare  l'assegno  mensile  degli  allievi stessi:  ancora all'atto
           della  partenza da Napoli, infatti, ciascuno di  loro ricevette  mille  lire)(38),  i primi
           risultati  del  clima  di  collaborazione  instauratosi  tra  i  due  paesi  furono  evidenti
           quando, al tempo della guerra d'Etiopia, l'Arabia Saudita mantenne un atteggiamento
           di stretta neutralità, rifiutando tra l'altro di applicare le sanzioni antitaliane stabilite
           dalla Società delle  Nazioni(39).

           La Missione aeronautica italiana in Saudia. Il periodo Ciccu

               Ricevendo da Bellini notizia dell'imminente rientro dei suoi piloti, re Ibn Saud
           aveva  fatto  comprendere attraverso  Fuad Hamza che  avrebbe apprezzato  il  loro
           arrivo  ai  comandi  di  aerei  italiani,  anche  in  virtù  della  promessa,  a  suo  tempo
           fattagli dal  locale capo centro del SIM, tenente colonnello Ode Ilo, di  un dono di
           apparecchi italiani(40). Le circostanze esatte dell'impegno non sono note, ma sono
           presumibilmente  legate  al  momento  di  maggior  incertezza circa  l'atteggiamento
           che l'Arabia Saudita avrebbe assunto nella vicenda etiopica: non a caso, nell'agosto
           1935 lo stesso Odello aveva ricevuto da Ibn Saud la richiesta di campioni di equipag-
          giamenti  militari  (tra cui  un  camion  con  rimorchio,  un  carro  armato veloce,  un
          cannone  Skoda  75mm  da  montagna,  mitragliatrici  leggere  e  pesanti,  radio  da
          campo),  per  "completa  organizzazione  suo  esercito  con criterio  moderno"(41).
           Nonostante la regolare consegna dei campioni, l'oggetto principale della trattativa,
           ovvero lo scambio di cammelli necessari alle forze italiane in Africa orientale contro
           10.000 fucili con 1.000 colpi ciascuno ed altri armamenti destinati al Gran Mufti
          di  Gerusalemme,  non  andò  in  porto,  creando  un  clima  persistente  di  sfiducia
          verso l'Italia anche a causa dell'intromissione di personale inglese che aveva avuto
          sentore della vicenda(42).
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