Page 419 - Missioni militari italiane all'estero in tempo di pace (1861-1939)
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LA  MISSIONE  AERONAUTICA  ITALIANA  IN  ARAIIIA  SAUDITA  (1935-39)   409


         futuri allievi fossero tutti arabi e di nazionalità saudita(l02). Dalle relazioni di Ciccu,
         tuttavia, emerge come la  maggior parte dei  piloti  nutrissero sentimenti di sincera
         ammirazione per le realizzazioni italiane e gratitudine-per quanto la missione faceva
          per loro, ivi compreso l'ir,tervenire presso le  loro autorità per trarli d'impaccio in
         seguito a  punizioni  ricevute  per  il  comportamento esuberante  o  comunque  non
         conforme al dettato disciplinare(103). Pur risultando successivamente infondata, nel
         corso del  1938 creò disturbo e confusione anche la  notizia dell'affidamento a un
         ufficiale irakeno dell'incarico di  riorganizzare  le  forze  armate saudite, anche per
         lo stato di sottomissione dell'Iraq all'Inghilterra in un  momento in  cui  la  politica
         estera  italiana  era  andata definendosi  in  senso  via  via  antibritannico(104).  Di  qui
         l'ampio spazio riservato nei carteggi diplomatici ad un argomento rivelatosi infine
         privo di pericolosità, essendo Mussa Alì stato addestrato dagli  italiani ed in buoni
         rapporti con il capo della missione italiana in Iraq, tenente Carlo Bertotto(10S).  In
         questo contesto non è priva di significato la decisione, presa dal Ministro Soleiman
         in occasione della donazione di  un Caudron Simoun da parte francese  nell'aprile
          1938,  di  farvi  volare  Ciccu  da  solo,  in  quanto  direttore  della  scuola(106).  Tali
         vantaggi, faticosamente conseguiti, erano tuttavia soggetti al flusso delle situazioni:
          nell'ottobre 1938, ad esempio, Gori Savellini riferiva essere "l'aviazione suddivisa
          in  due  e  cioè  gli  apparecchi  inglesi,  americani  ed  uno  francese  in  consegna  al
          pilota russo  (attualmente in licenza)  ed ai  meccanici  russi.  Gli  apparecchi italiani
          ed uno francese  in  consegna al  sottoscritto"(1 07).
              Per tutta la durata della missione non mancarono ripetuti accenni all'eventualità
          che  il  governo saudita acquistasse  in  Italia ulteriori apparecchi per potenziare  la
          propria aviazione,  vuoi  sotto il  profilo strettamente  operativo  (con  bombardieri
          monomotori Ca.l11 o trimotori Ca.l33) vuoi sotto quello istruzionale (con quanti-
          tativi  di  3-5  Caproncini).  Nonostante  la  disponibilità  di  somme  sottoscritte
          dall'Associazione Pro-Aeronautica Araba, che nel maggio 1937 aveva raccolto oltre
          13.000 sterline oro (circa 2.145.000 lire dell'epoca)(108), nessuna di  tali trattative
          giunse a fruizione.  In coincidenza con le voci circa l'incarico affidato al  maggiore
          irakeno Mussa Alì,  comandante del  campo  d'aviazione  di  El  Rashid,  nell'agosto
          1938  il Consorzio  Italiano  Esportazioni  Aeronautiche,  che  a  quel  paese  aveva
          recentemente venduto alcuni SM.79B e Breda 65, offrì a Mussa documentazione
          sui Caproni Ca.309-310 e CAB  AP.l,  Romeo  RoAl, Fiat CRA2 e Breda 65(109).
         Anche  in  questo caso,  nonostante l'usura del  materiale in dotazione, le  trattative
          non andarono oltre un generico interesse.


          Dalla gestione Ciccu a quella Gori Savellini

              Il  25  gennaio  1937 il  Ministero  dell'Aeronautica,  in  considerazione  de  "lo
         sviluppo che  l'attività  della  Missione  [aeronautica  in  Arabia  Saudita]  va  sempre
          più assumendo", dichiarò essere urgente affiancare al  capitano Ciccu un ufficiale
         superiore,  identificato  nella  persona  del  tenente  colonnello Renato  Ciancio(110).
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