Page 153 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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104   Momenti della vita di guerra


             Trepidava per Venezia.
               (Pesina, 11 novembre ’17, alla madre). Pur troppo temo che Venezia sia in perico-
             lo. Che Dio protegga tutti i nostri cari che sono (o erano) là! Povera cara Venezia! Io
             tremo per lei, come per una persona viva. Ma credo fermamente e giuro, che se un
             piede tedesco potrà calpestarla, ciò non durerà a lungo .
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             Aveva nel partire la calma gelida di chi si è elevato e si sente pari ai più straordinari
          e tragici eventi.
               (Pesina, 11 novembre, ore 14 , al padre). Forse io non ti scriverò più che dal
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             fronte: forse, poiché ogni probabilità bisogna contemplare con viso sereno, forse
             io non ti potrò più rivedere; in ogni caso, qualunque cosa succeda, stai sicuro che
             compirò intero il mio dovere di italiano e di soldato fino a che lo potrò, e lo compirò
             senza inutili temerarietà, e senza spavalderie vane, ma senza paura e con la fierezza
             d’essere figlio tuo e della mamma, e colla sicurezza che per quanto grande potesse
             essere il tuo dolore, tu mi preferiresti morto che vile. Scusa le mie parole, e dammi la
             tua benedizione e quella della mamma .
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              Ma l’impietrata risolutezza si scioglie in un senso di gioia appena è entrato nell’azio-
          ne: appena sente che nell’operar fortemente, anche in condizioni avverse, c’è la possibi-
          lità della vittoria. Narra i combattimenti a cui ha partecipato, nel settore fra il Grappa
          e gli Altipiani.

               (28 novembre ’17, al padre). Nei pochi giorni che siamo rimasti in prima linea
             abbiamo avuto l’onore e la fortuna di un assalto respinto e di un contrattacco vitto-
             rioso, abbiamo anche fatto vari prigionieri. Io sono incolume sano e salvo e contento
             di essere in mezzo a degli eroi, perché questi vecchi alpini, in mezzo ai quali mi trovo
             ora, sono tutti degli eroi. Anche i giovani compagni del ’99 si sono portati assai
             bene. Ti assicuro che la fiducia nel nostro destino d’Italiani rinasce più vivo e forte in
             trincea. I tedeschi venivano avanti ubbriachi di vino e di odio, ma quelli che restano
             di quanti ne abbiamo respinti, racconteranno che cosa valga un alpino italiano. Gli
             «urrah» e i «Savoia» si sentivano salire in alto, in principio con egual forza, ma poi
             solo «Savoia» si udì! .
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               (10 dicembre ’17, al padre). Avrai letto sui giornali quello che è avvenuto sul nostro
             fronte. Il nostro battaglione aveva la mattina preso una posizione (e abbiamo avuto
             nell’attacco parecchie perdite; un povero ragazzo, certo Tin, cui volevo molto bene
             perché buono e servizievole, è caduto a un metro di distanza da me); alla sera è venuto
             l’ordine di ritirarsi. Figurati che rabbia! Ma la posizione era realmente insostenibile,
             perché saremmo stati circondati. Il plotone di arditi aveva il compito di sostenere il
             fronte… ho chiesto al maggiore il permesso di unirmi ad esso e l’ho ottenuto.
                Abbiamo avuto due giorni e due notti di combattimenti terribili. Poi abbiamo
             ripiegato ed ho raggiunto la mia compagnia. Questa occupava la cima di un monte,
             posizione assai battuta dalle mitragliatrici. Per tre giorni siamo stati senza altro cibo
             che una scatoletta di carne e una razione di galletta. Poi si è avuto il cambio, e ieri
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