Page 63 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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14    Momenti della vita di guerra

            balbettio non avrà risposta». (NB. Normalmente, dopo una prima citazione del titolo dell’opera, l’indicazione
            della pagina si riferirà sempre alla pubblicazione in memoriam che a ciascuno singolarmente si riferisce).
          9.  La cosa risaltava agli occhi del nemico che notava la semplicità elementare della psicologia del gregario, e la
            passione viva dell’ufficiale. cfr. L. Spitzer, Italienische Kriegsgefangenbriefe cit., p. 212: «Mit den naiv treuherzigen
            Gleichgültikeiskundgebungen der Mannschaft steht das heroische Pathos der Offiziersbriefe in schreiendem Gegensatz - eine
            Dissonanz die im Zusammenwirten von Offizierskorps und Mannschaft in feindIichen Feuer ebenfalls zum Ausdruck
            kommen muss. Die Todesverachtung der italienischen Offiziere lässt sich auf verschiedene Motive zurückführen: erstens
            auf den Einfluss der dem Gebildeten eher zugänglichen Presse; zweitens, die Anhanglickeit des Gebildeteren an heimische
            Kulturideale; drittens, auf die höhere Kultur selber, die ihrem Vorkampfer die sittliche Kraft verleiht dieses teuerste der Güter
            zu verteidigen». Lo stesso concetto in due valorosissimi ufficiali italiani, i fratelli Giuseppe ed Eugenio Garrone (cfr.
            Ascensione eroica a cura di L. Galante, Milano 1919). Eugenio così scriveva alla sorella Margheritina il 14 maggio ’17
            (p. 174): «… e se ho tanta calma, è perché da loro [i soldati] la attingo, da loro che tutto hanno dato, che tutto sono
            disposti a dare per un sentimento sacro di dovere, senza il conforto dell’intelligenza e dell’anima che li guidi e li ispiri».
            Il fratello Giuseppe così ribadiva il 10 agosto del ’17 (p. 218): «Con gli ufficiali sono inesorabile. In questi tempi si
            deve pretendere cento dall’ufficiale per avere il diritto di ottenere uno dal soldato che pure è privo di ogni conforto
            fisico e morale e di quella grande forza che è data dalla coscienza precisa della giustizia delle nostre aspirazioni».
          10.  L’avversione verso il nemico nel soldato assumeva spesso l’aspetto della provocazione spavalda delle contese fra
            borgata e borgata; la piccola patria suggeriva i modelli per la grande lotta. Un ufficiale cita un caso tipico: «(23
            novembre 1915). […] ho punito due soldati che di notte erano usciti con un piffero ed erano andati fin sotto le
            trincee nemiche a cantare le canzonette. Cose dell’altro mondo. Si capisce, ne nacquero fucilate e di notte. Però sono
            da ammirare questi alpini. Ora li lascio due giorni dentro, poi li libero». Cfr. Il tenente degli alpini Pietro Borla ed
            alcuni suoi compagni di martirio e di gloria. Scritti e memorie raccolte da A. Freschi, Torino, p. 30.
          11.  Nato a Capo d’Istria il 1° luglio ’91 da G. Battista e da Amelia Ivandich, morì a Monte Zebio l’8 giugno ’17. Su di
            lui e sul fratello Fabio, cfr. l’opuscolo Fabio e Fausto Filzi. Ricordi ed appunti di G. B. F. (il padre dei due caduti),
            Rovereto 1921.
          12. p. 93.
          13. pp. 89-90.
          14. La madre si trovava a Katzenau, dove il padre dei Filzi era internato.
          15. pp. 91-92.
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