Page 75 - Momenti della vita di guerra - Dai diari e dalle lettere dei caduti
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26 Momenti della vita di guerra
Pensate che può giovare alla causa del nostro paese e dell’Europa intiera,
e che, se non muoio senza rimpianto, mi consola in parte il pensiero che lasce-
rò ai miei cari una buona memoria di me. Alle mie sorelle non occorre che ripeta
quanto loro ho voluto bene: non vorrei che la mia morte fosse per loro un dolore
troppo grande: sono così giovani che non devono fermarsi davanti a una tomba.
Ricordami… e chiedi loro in mio nome di darti tutte quelle consolazioni che
potranno .
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Altra tempra è quella di Guido Ruggiero di Rodi Garganico. La guerra è per lui la subli-
mazione della sua dignità d’uomo. Egli ha lasciato a casa la moglie e il figlio di due anni. Già
una volta, nella pineta di Monfalcone, è rimasto gravemente ferito. Ma non vuole, non può
staccarsi dalla guerra. Ogni tentativo codardo gli distruggerebbe il valore della vita, la poesia
dell’amore, l’orgoglio della paternità. L’eterno motivo di Ettore ed Andromaca rifiorisce in
Val d’Isonzo; ma senza tristezza, con un’altezza lirica direi quasi ibseniana, se ogni remini-
scenza letteraria non facesse torto alla sincerità morale del valoroso. Nessuna scissura inte-
riore, nessun rimpianto. Anche la famiglia deve elevarsi a questa vetta, perché solo nella co-
munione dei duri doveri, dei santi esempi, dei puri orgogli egli sente l’anima della famiglia.
Alla fine dell’autunno del ’15, quando la guerra s’era rivelata spaventosamente dura
e spietata, scriveva alla moglie:
(15 novembre ’15). [a ricever la posta]… m’è sembrato di trovarmi con te, presso
l’adorato Fefì, di rivederlo, come tu scrivi, ingrossato e ben pasciuto, sì da rassomi-
gliare ad un pallottolone. Caro il mio Fefì: che Iddio me lo guardi, e che mi conceda
di rivederlo e di farlo trotterellare sulle ginocchia e di cullarlo tra le braccia, come
nei fugacissimi giorni ch’ebbi la gioia di averlo accanto a me. Ho fiducia d’essere
esaudito nel mio ardentissimo voto, pur senza disertare iI mio posto e compiendo
fino all’ultimo il mio dovere.
Egli ne sarà un giorno orgoglioso e l’opera mia gli sarà d’ammaestramento. È
questa la suprema mia aspirazione, Èlia: educare la mia, la nostra creatura. Farne
un uomo compiutamente onesto, e non soltanto che sia rispettoso dei beni altrui:
un uomo in cui la dignità non sia offuscata da alcuna debolezza. Perciò mi sentirei
rimordere la coscienza se mi adoperassi per conseguire, in questo momento, quello
a cui tu accenni nelle tue lettere. Lascia che altri cerchino le vie di scampo, i nascon-
digli, i paraventi; io non li invidio, li compiango. Sono mezze figure che per la loro
viltà devono rassegnarsi alla penombra, sono omuncoli senza spina dorsale né dirit-
tura morale; che hanno la nozione dell’utile e ignorano quella del dovere. Che vale
vivere se si deve rinunziare a portare la testa alta fra la folla e la coscienza altera nel
proprio intimo? II cattivo esempio degli altri, la comune corsa alla salvezza, accresce
il merito di quelli che fermamente tengono il loro posto senza tremiti codardi, senza
tentennamenti, irraggiata la fronte dalla vivida luce del sacrificio .
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Pel combattimento di Monfalcone riceve una medaglia al valore: idealmente egli la
divide, come pane spirituale, con la sua famiglia:
(23 marzo ’16). È una modesta medaglia di bronzo… ma la motivazione non è
modesta: è tale invece che farà certo inorgoglire il nostro Fefí quando avrà raggiunto