Page 53 - Repertorio degli Ufficiali dei Carabinieri Reali 1814-1871
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            congedo con il grado di luogotenente generale . Tutti questi ufficiali avevano per-
            corso la maggior parte della propria carriera all’interno dei Carabinieri. Per quanto
            riguarda gli sviluppi successivi, Richieri era deceduto per una caduta da cavallo
            all’età di 64 anni, Taffini fu destinato in servizio presso la Segreteria degli Interni
            nel grado di luogotenente colonnello e in quello di colonnello, per ritornare nei
            Carabinieri con la promozione a maggiore generale nel 1835, all’età di 49 anni.
            Nominato, cinquantenne, Aiutante di Campo del sovrano nel 1846, l’anno dopo
            fu promosso luogotenente generale e destinato a ricoprire l’incarico di Ispettore
            Generale della leva.
               Anche Fabrizio Lazzari ricevette la nomina a Primo ufficiale presso la Segrete-
            ria degli Interni, la nomina a generale e l’incarico di Comandante Generale e, infi-
            ne, il privilegio della nomina ad Aiutante di Campo del re poco prima della giubi-
            lazione. Ma mentre per Cavassanti e Taffini vi fu uno sviluppo di carriera ulteriore,
            Lazzari non ebbe i medesimi riconoscimenti. Andò anche diversamente a Lovera:
            come indicato nel ruolo dal 1832 al 1847 prestò servizio presso il Dipartimento di
            polizia generale per ritornare finalmente ad assumere un incarico di comando sino
            al termine della sua carriera. In effetti, egli incarnò il vertice dell’Arma dal 1848
            sino al 1867, all’età di 71 anni, mostrandosi capace di gestire i mutamenti politici
            e sociali del periodo per circa vent’anni.
               La necessità di mantenere relazioni con autorità superiori a livello centrale e
            a livello periferico doveva rappresentare un grosso impegno per i vertici. Com’è
            ricordato altrove, Carlo Alberto redarguì il “colonnello di Buri, comandante dei
            carabinieri, che non lo aveva informato di certi torbidi scoppiati in Savoia” per
            dichiarare poco dopo “parole d’alto elogio per l’opera dell’Arma «di cui non può
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            dirsi bene abbastanza»” . In effetti, il sovrano attribuiva grande importanza al
            loro operato tanto che “Il comandante dei carabinieri aveva a questo proposito libe-
            ro accesso a palazzo reale in qualsiasi momento”. Lanzavecchia di Buri ricopriva
            il grado di colonnello in 2° e, evidentemente, quando riferì la questione al sovrano
            svolgeva in qualche modo le funzioni del comandante titolare. È interessante nota-
            re sia l’attenzione di Carlo Alberto al privilegio/dovere dei vertici dell’Istituzione
            sia, più in generale, l’attenzione che riservava ai Carabinieri. Nonostante l’episodio
            descritto Lanzavecchia di Buri nel 1835 ricevette un incarico prestigioso a Cagliari
            e l’avanzamento al grado di maggior generale, lasciando definitivamente l’Istitu-
            zione.
               Più in generale, però, i comandanti del Corpo dovevano assolvere evidentemen-
            te funzioni gestionali interne dell’organizzazione. A tal proposito è utile ricordare
            che l’articolo 12 del Regio Viglietto 26 ottobre 1833 prescriveva, tra le altre cose,



            103   coMando generale dell’arMa dei caraBinieri, Annuario degli Ufficiali dei Carabinie-
            ri, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1955, p. III. Secondo l’annuario che cita la crono-
            logia è indicato come Richeri di Montrichieri.
            104   coMando generale dell’arMa dei caraBinieri reali, Vecchia Arma Fedele cit., p. 11.
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