Page 140 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
P. 140

Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            necessità di vita al grande nomadismo». I reparti sahariani avevano giocato un
            ruolo di grande rilievo nelle campagne per la riconquista della Libia che però ne
            avevano evidenziato anche i limiti. Ombroso e delicato, il dromedario richiedeva
            molte cure, e il reclutamento dei meharisti era tutt’altro che semplice. Le genti
            sahariane, alle quali di preferenza si attingeva, rivolgendosi in particolare ai Tuareg,
            erano insofferenti alla disciplina e nel loro comportamento affiorava l’istinto del
            fuorilegge e del razziatore, caratteristiche queste che le ponevano «agli antipodi
            di tutto ciò che è collettività militare, anche rudimentalmente organizzata». Solo
            l’energia e la sensibilità psicologica dei comandanti potevano fare di queste unità
            uno strumento valido ed efficiente e comunque, come faceva la Francia con i
            suoi reparti di meharisti, era sempre opportuno inserirvi elementi più affidabili,
            berberi o arabi del Gebel.
               Il  binomio  costituito  dal  nomade  e  dal  dromedario  non  poteva  essere  la
            soluzione definitiva per la difesa delle frontiere desertiche, anche per ragioni
            di economia: un gruppo cammellato costava nel 1936 quattro milioni di lire
            all’anno, con un rapporto efficacia-costo non certo soddisfacente dal momento
            che  poteva  schierare  non  più  di  un  paio  di  centinaia  di  moschetti  e  nove
            mitragliatrici.  Nuove  possibilità  erano  però  offerte  dal  prepotente  sviluppo
            della  motorizzazione  che  aveva  già  portato  ad  affiancare  ai  gruppi  sahariani
            dei reparti motorizzati, puntando a realizzare una qualche complementarità tra
            questi due elementi. Le compagnie autosahariane venivano infatti impiegate là
            dove potevano far valere le loro doti di rapidità e autonomia, mentre i reparti
            meharisti erano utilizzati in funzione della maggiore facilità di movimento sulle
            dune o su serir cedevoli e per interventi a corto raggio. Questa situazione non era
            però destinata a durare, dal momento che gli sviluppi della tecnica accentuavano
            di giorno in giorno la superiorità della componente motorizzata, più adatta a
            quelle azioni rapide e di sorpresa che erano l’essenza delle operazioni coloniali
            e in prospettiva destinata a trarre ulteriore vantaggio dalla combinazione della
            trazione totale con la corazzatura. Il futuro dei reparti montati era dunque segnato,
            mentre molto poteva attendersi da una “motorizzazione protetta”, e in questo
            senso era da intendersi la decisione di Balbo di dar vita alle compagnie sahariane.
            Una decisione dunque nel segno di quella modernità di cui il governatore della
            Libia  era  per  molti  l’alfiere,  e  amplificata  nella  sua  portata  dall’inserimento
            nell’organico di queste unità di una “sezione avio”, che doveva esserne la pedina
            più importante

                     […] nocciolo della compagnia sahariana e suo principale elemento di forza ed
                  esplorativo è una sezione avio con un tipo di apparecchio idoneo alla ricognizione,
                  al  bombardamento  leggero  e  al  mitragliamento;  strumenti  ausiliari  sono  un
                  plotone meharisti, un plotone autosahariani completati da un plotone di appiedati per
                  i servizi della base.


                                                138
   135   136   137   138   139   140   141   142   143   144   145