Page 161 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
P. 161

Controguerriglia e Controllo del territorio

               Con tutto questo la rapidità della radunata dei paracadutisti e delle truppe
            che li avevano seguiti era stata davvero sorprendente e le cose potevano essere
            condotte ancora più velocemente con un addestramento dedicato. I paracadutisti
            avevano infatti iniziato l’attività lancistica da meno di tre mesi e le truppe avevano
            fatto solo qualche prova di sistemazione a bordo e di uscita dall’unico portello
            del velivolo. L’operazione di sbarco di per sé non presentava dunque significative
            difficoltà tecniche e gli incidenti durante l’addestramento al lancio, come i tre
            morti e la decina di feriti nella prova generale di due giorni prima, erano stati
            causati soprattutto da una quota di lancio troppo bassa, 300 metri, e dall’essere
            le pattuglie troppo serrate, cosicché l’apertura dei paracadute era stata disturbata
            dai vortici creati dai velivoli che precedevano. A riprova di ciò nel lancio di massa
            eseguito il 23 maggio da 600 metri con le pattuglie distanziate non c’erano stati
            incidenti di rilievo. Si trattava, come nel caso del modello di paracadute, di cause
            facilmente  eliminabili  e  non  era  pertanto  in  discussione  la  fattibilità  tecnica
            del lancio collettivo di interi reparti, già sperimentato, e su larga scala, da altre
            nazioni. Pinna non riteneva però che una tale operazione potesse riuscire in un
            territorio organizzato a difesa:

                     La  crisi  dello  sbarco  anche  se  breve  è  fortissima.  Qualche  pattuglia  con
                  mitragliatrici può impunemente massacrare e gli apparecchi che atterrano e gli
                  uomini che vi sono dentro. È assoluta la necessità di un campo di atterraggio
                  sicuro dalle offese del nemico almeno per qualche ora. La testa di ponte che
                  può essere fatta dai paracadutisti non potrà mai essere talmente ampia da dare la
                  sicurezza contro i cannoni o le mitragliatrici pesanti.
               Nelle colonie poteva essere relativamente facile trovare un campo di fortuna
            indifeso, ma la cosa era molto più difficile in un teatro operativo europeo e
            in  regioni  densamente  popolate.  Con  tutto  questo  l’idea  non  doveva  essere
            accantonata,  ci  potevano  infatti  essere  situazioni  tattiche  tali  da  consigliare
            una  mossa  del  genere,  proiettando  alle  spalle  di  un  avversario  già  in  crisi
            reparti  pronti  a  tutto  per  accelerarne  il  collasso,  ma  non  bisognava  lasciarsi
            prendere dall’entusiasmo e credere facilmente realizzabili azioni che per riuscire
            richiedevano la concomitanza di fattori morali e materiali.
               Nell’insieme è evidente come in Italia, nel corso degli anni Trenta, il tema
            delle aviotruppe avesse suscitato un notevole interesse e fosse stato analizzato
            nei  suoi  diversi  aspetti.  Gli  articoli  pubblicati  sulla  Rivista  Aeronautica,  una
            pubblicazione in libera vendita, dimostrano che anche gli elementi di base di
            una  eventuale  dottrina  d’impiego  erano  sufficientemente  chiari,  come  del
            resto lo erano, a seguito degli esperimenti condotti in Libia, gli aspetti tecnici
            dell’impiego di paracadutisti e di truppe aerotrasportate. L’esperimento di sbarco
            aereo del maggio 1938 apriva nuove e inattese prospettive, con la possibilità di
            raggiungere nello scacchiere nordafricano risultati significativi, e forse risolutivi,


                                                159
   156   157   158   159   160   161   162   163   164   165   166