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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”
politico, si doveva procedere con un ultimatum, contenente in modo esplicito la
minaccia di attacchi aerei e l’avvertimento che questi avrebbero avuto inizio allo
scadere di un tempo limite prefissato e che di conseguenza donne e bambini
avrebbero dovuto essere portati al sicuro. Una volta che l’ultimatum fosse scaduto,
le operazioni dovevano iniziare senza mezze misure e proseguire con la massima
determinazione e l’impiego di una forza adeguata fino al conseguimento dello
scopo, vale a dire fino alla resa dell’avversario.
Il documento, pur concentrando l’attenzione su un impiego diretto e autonomo
del potere aereo, non mancava di evidenziare che le modalità esecutive della
campagna potevano variare di molto in funzione dell’obiettivo da raggiungere
e dell’organizzazione sociale e militare dell’avversario, e accoglieva la possibilità
che l’azione indipendente dell’aeronautica non sempre fosse la soluzione più
appropriata. I velivoli avevano difficoltà a sviluppare in modo efficace i loro
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attacchi quando gli insorti da ridurre alla ragione si trovavano in regioni dal
terreno accidentato e coperto di vegetazione, e quando non avevano legami
con il territorio o beni immobili, e lo stesso accadeva quando le tribù ostili e
quelle amiche vivevano mescolate in una stessa zona. In questi casi le maggiori
possibilità di successo si avevano combinando in modo opportuno la mobilità
del mezzo aereo con l’azione diretta delle forze di terra: «Quando un attacco
aereo non può risultare da solo decisivo, i velivoli dovrebbero essere impiegati
o in cooperazione con le forze di terra o in supporto indiretto alle operazioni di
terra, a seconda di ciò che le circostanze richiedono».
Dopo un decennio di successi, la fiducia nello schema era tale che il
successore di Trenchard, Air Marshall John Salmond, propose di affidare alla
RAF il controllo delle colonie dell’Africa Orientale. L’offerta non venne accolta,
ma non di meno il “controllo dall’aria” continuò a godere di largo favore sia
negli ambienti governativi che tra il grosso pubblico, in un periodo in cui si
puntava a ridurre tanto le spese militari quanto quelle per l’amministrazione delle
colonie. I resoconti della RAF tendevano poi a magnificare il ruolo del potere
aereo, minimizzando la partecipazione dell’esercito a queste operazioni, con il
risultato di creare un vero e proprio mito dell’Air Control. I limiti di un approccio
puramente aeronautico al tema della controinsurrezione apparvero però evidenti
nella rivolta araba del 1936-1939 in Palestina. In quello scenario prevalentemente
urbano l’impiego senza restrizioni del potere aereo avrebbe reso le cose più
difficili, alimentando l’odio delle popolazioni, e inoltre, dal momento che la
Palestina non era una qualche remota colonia, avrebbe causato le proteste della
comunità internazionale. Ne fu così deciso un impiego più controllato e mirato,
riaffermando la natura interforze della più moderna forma di polizia coloniale,
65 S. RITCHIE, The RAF, Small Wars op. cit., p. 8-9
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