Page 71 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio
essere la distruzione materiale del nemico, ma l’elaborazione di un progetto che
favorisse lo sviluppo economico, sociale e politico della popolazione, comunque
inserito in una adeguata cornice di sicurezza. Il problema, e su questo sarebbero
stati d’accordo tutti gli ufficiali impegnati in qualunque campagna coloniale o di
controinsurrezione, era come riuscire a trovare in tempi relativamente brevi un
equilibrio tra queste due esigenze apparentemente inconciliabili.
Recenti studi sull’impiego del potere aereo in operazioni di counterinsurgency
identificano la necessità di rispettare tre principi fondamentali: velocità, letalità
e precisione. Riguardo al primo, la mobilità degli insorti, spesso associata alla
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capacità di confondersi con la popolazione, fa sì che la possibilità di colpirli sia
limitata a una finestra temporale molto stretta, da cui la necessità di accelerare
al massimo il ciclo decisionale. Questa esigenza si scontra con il requisito di
accertare con sicurezza la natura dell’obiettivo per minimizzare il rischio di danni
collaterali, un problema che può essere in parte superato decentrando a livello
esecutivo la responsabilità decisionale sulla base di precise regole di ingaggio,
ma che in presenza di nuovi dati di intelligence o dell’insorgere di situazioni
inattese con il proporsi di obiettivi non ancora noti, porta inevitabilmente a
ricondurre la decisione ai livelli più alti di comando, se non al livello politico, con
la concreta possibilità di arrivare troppo tardi. Questo accade oggi e accadeva
anche nelle operazioni di Air Control, o comunque nelle operazioni aeree di
controinsurrezione del periodo tra le due guerre. Nel 1928 il Wing Commander
R.H. Peck della RAF, nel commentare la sua esperienza di counterinsurgency in Iraq,
si soffermava proprio su questo aspetto, con toni sorprendentemente attuali
A volte, e anche di recente, ci sono voluti tempi lunghi prima che venisse
dato il permesso di agire, buttando via del tutto il vantaggio della rapidità
dell’azione aerea; e il focolaio di disordine ha così potuto espandersi. In altre
occasioni, quando l’intervento aereo era stato approvato in linea di principio, per
l’autorizzazione a ingaggiare specifici obiettivi si è dovuto attendere il via libera
di superiori lontani, e anche di due o tre livelli sovraordinati, con il risultato che
quando questa è arrivata i potenziali obiettivi erano da tempo svaniti.
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Purtroppo accelerare il ciclo decisionale investe più àmbiti in un contesto
tipicamente non lineare come la controinsurrezione e non esiste una formula
universale. La soluzione del decentramento, che limitando il numero degli attori
coinvolti consente di contenere i tempi, è senz’altro attraente, ma può non essere
coerente con il potenziale impatto politico e mediatico di queste operazioni, un
problema che come si è visto esisteva anche negli anni Trenta, pur in presenza
70 J. M. BROWN, USAF, To bomb or not to bomb? Counterinsurgency, Air Power, and Dynamic Targeting,
in «Air & Space Power Journal», Winter 2007.
71 R. H. PECK, Aircraft in Small Wars, in «Journal of the Royal United Services Institution», No.
491, August 1928.
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