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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”
VELIVOLI E REPARTI SAHARIANI
Occupata la Sirtica e consolidato il controllo di Misurata, il passo successivo fu
la conquista della Giofra e delle cosiddette “oasi del 29° parallelo”, un’operazione
che avrebbe permesso di collegare via terra Tripolitania e Cirenaica e creato
le premesse per un’ulteriore avanzata verso il Fezzan garantendo la sicurezza
delle linee di comunicazione. Nel frattempo anche nelle zone di più recente
occupazione si procedeva all’organizzazione del territorio, secondo una linea
di condotta assimilabile a quella della “macchia d’olio” di scuola francese, ivi
incluso il mantenere, almeno in una prima fase, l’autorità civile nelle mani del
comandante militare. Il generale Mezzetti, che resse il governo della Zona di
Misurata fino al 25 dicembre 1926, quando gli fu comunicato l’imminente
trasferimento a Bengasi per assumere in aprile l’incarico di comandante delle
truppe della Cirenaica, avrebbe ricordato con soddisfazione l’esperienza degli anni
vissuti come amministratore e soldato, nella convinzione di aver fatto qualcosa
di importante e di utile anche per la popolazione. Al suo arrivo a Misurata erano
rimasti poco più di 5000 abitanti, con un’economia allo stremo e un bilancio che
non consentiva di far fronte neppure ai bisogni essenziali, quando la lasciò la
popolazione era salita a oltre 30.000 abitanti, le attività economiche erano in forte
ripresa, e anche a Sliten, Taorga e Sirte gli abitanti, già profughi, erano quasi tutti
rientrati, e altri stavano rientrando dall’Egitto e dalla Tunisia, con il rilancio dei
commerci, dell’agricoltura e della pastorizia. Mezzetti attribuiva questi risultati al
fatto di aver potuto esercitare a un tempo il potere civile e quello militare, con il
vantaggio di poter integrare le due sfere di azione rispettando il principio che lo
aveva sempre guidato, che cioè
spenta l’eco dell’ultima fucilata sparata in combattimento, alla maggiore energia
spiegata contro i ribelli, dovesse subentrare un sistema di Governo improntato
a fermezza, ma umano, clemente, vigile custode dei diritti degli amministrati e
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fervido restauratore dei beni che la guerra inevitabilmente distrugge.
Era un approccio che intendeva coniugare l’uso della forza, attuato con la
massima determinazione, con uno sforzo di ricostruzione e di civilizzazione,
secondo il linguaggio del tempo, che oggi può forse lasciare sconcertati ma che
era all’epoca patrimonio comune dei più capaci e intelligenti ufficiali e funzionari
coloniali. Gli stessi accenti si ritrovano infatti in molte testimonianze, come vi si
ritrova la preoccupazione, anch’essa richiamata da Mezzetti, di risparmiare alla
popolazione le violenze e gli abusi, piccoli e grandi, «che la truppa, specie di colore,
72 O. MEZZETTI, Guerra in Libia op. cit., p. 141.
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