Page 81 - Scenari Sahariani - Libia 1919-1943. La via italiana alla guerra nel deserto
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Controguerriglia e Controllo del territorio
I reparti sahariani si erano dimostrati sempre più necessari man mano che dalla
fascia costiera e dal Gebel Nefusa “l’organizzazione marciante” del controllo
del territorio si era addentrata nella Ghibla e nella Giofra. La loro costituzione,
imposta dalle condizioni ambientali, è un’ulteriore conferma della duttilità dei
comandi italiani nell’affrontare una situazione in cui le maglie della rete dei punti
d’appoggio diventavano inevitabilmente molto più larghe ed era necessario
rivedere l’organizzazione delle colonne mobili per aumentarne il raggio d’azione
senza appesantirle con una numerosa carovana. Celebrati nell’iconografia
coloniale, e protagonisti di una ben riuscita produzione cinematografica del
1936, i reparti sahariani erano circondati da un alone di romanticismo a cui
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non era estraneo il fatto di aver avuto un comandante d’eccezione quale l’allora
duca delle Puglie, il futuro duca d’Aosta Amedeo di Savoia. Costituiti per lo più
da libici, ma con una significativa percentuale di elementi d’oltrefrontiera, in
particolare tuareg, e inquadrati da ufficiali italiani, i primi due gruppi sahariani
furono creati nel 1924 a Gadames, verso la frontiera tunisina, e a Mizda, nella
Ghibla. Subito dopo ne fu organizzato un terzo, con sede a Bir Gheddahia, più
a oriente verso la Sirtica, e in previsione delle operazioni sul 29° parallelo e nel
Fezzan lo schieramento fu rafforzato nel 1927 da un quarto gruppo sahariano,
ancora a Mizda, e nel 1929 da un quinto, creato per trasformazione del I
Battaglione Libico. Nel 1930 il totale fu portato a sette. L’organico contava tra
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i 200 e i 300 uomini di truppa, con una decina di ufficiali e sottufficiali e alcuni
militari nazionali, inquadrati in un plotone meharisti, due plotoni di fanteria
montata su dromedari, una sezione cammellata di artiglieria con due pezzi da
65/17, una sezione cammellata mitragliatrici pesanti, pure su due armi.
Si trattava, come evidenzia Saini Fasanotti, di un reparto di fanteria montata,
integrato con armi d’accompagnamento, in grado di operare nel deserto
con un’ampia autonomia. Il dromedario, di cui il mehari è la razza più pura,
per quanto in grado di percorrere fino a 150 km in 15-20 ore, a una velocità
compresa fra gli 8 e i 20 km/h con un carico che può arrivare a 150-200 kg, non
è per il suo carattere ombroso e riottoso idoneo come cavalcatura da guerra. I
meharisti, come tutti i reparti cammellati, entravano perciò in azione appiedati,
78 Il film Lo squadrone bianco, di Augusto Genina, girato nella primavera del 1936 in Libia con
l’appoggio del governatore Italo Balbo, fu presentato quell’anno alla mostra di Venezia,
dove si aggiudicò il premio quale miglior film italiano. Racconta le vicende di un reparto
di meharisti impegnato in operazioni di polizia coloniale nel deserto, e conobbe un grande
successo di pubblico sia in Italia che all’estero. È da notare che nel 1936 la vicenda dei reparti
montati su dromedario si avviava alla conclusione, lasciando spazio ai reparti autocarrati.
79 F. SAINI FASANOTTI, Libia 1922-1931 op. cit., p. 122-124. Si veda anche Ministero della
Guerra, Comando del Corpo di S.M., Ufficio Storico, Annuario Ufficiale delle Forze Armate del
Regno d’Italia – Anno 1938 – XVI, I, Regio Esercito, Sunti Storici ed Organici dei Corpi, delle Armi e
dei Servizi, Roma, 1938, p. 619-621.
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