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Scenari Sahariani – Libia 1919-1943 “La via itaLiana aLLa guerra neL deserto”


            vi fossero state nuove assegnazioni.  Per raggiungere questo risultato era stato
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            necessario recuperare i mezzi sparsi tra i vari presidi e svuotare anche i “rottamai”,
            riportando in efficienza autoveicoli da tempo abbandonati, spesso per guasti di
            minima entità. L’accresciuta disponibilità gli avrebbe permesso, senza incidere
            sui servizi ordinari, di organizzare un autoreparto di manovra di 300 veicoli
            da impiegare sia in ambito logistico, per la costituzione di colonne idriche e il
            trasporto urgente di rifornimenti, sia in ambito tattico, per il trasporto truppe,
            trasformando all’occorrenza un’aliquota della fanteria in fanteria autocarrata.

               Questa innovazione è un’ulteriore conferma della capacità di adattamento al
            terreno e alle circostanze, perché Mezzetti non nasconde le sue perplessità in
            merito a un impiego generalizzato degli autoveicoli, tenuto conto anche delle
            caratteristiche dei mezzi. Nello scrivere alla fine degli anni Venti, sottolineava
            infatti che le autocolonne, «utilissime in particolari circostanze per raggiungere
            determinati particolari obiettivi», potevano rappresentare per il comandante una
            preoccupazione e un problema in più. La loro avanzata era infatti condizionata
            dal terreno, e non era opportuno lasciarle a loro stesse: i cinque autocarri che
            nel  1913-1914  avevano  accompagnato  la  spedizione  nel  Fezzan  ne  avevano
            rallentato di molto la marcia, e a Gasr bu Hadi, nel 1915, «gli autocarri furono
            insidia e rogo ai feriti che con essi tentarono lo scampo».  Analoghe perplessità
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            nutriva sull’impiego dei carri armati, ricordando forse i frequenti insabbiamenti
            dei FIAT 3000 che nel febbraio del 1926 avevano accompagnato la colonna
            inviata  a  occupare  la  lontana  oasi  di  Giarabub,  a  più  di  250  chilometri  dalla
            costa. Molto utili sui terreni a fondo duro considerava invece le autoblindo e
            gli autocarri protetti da blindature e armati con due o tre mitragliatrici, e per
            quel tipo di scenario caldeggiava la costituzione di autocolonne costituite da
            autoblindo, autocarri armati e fanteria autocarrata, con compiti ben definiti e
            indipendenti da quelli delle colonne formate con fanteria appiedata e cavalleria,
            o da sahariani.
               L’operazione di Giarabub era stata forse la prima con un significativo impiego di
            mezzi ruotati, una possibilità concessa dal terreno della Marmarica, in larga parte
            percorribile con gli autoveicoli. Per l’occasione era stata organizzata una forza di
            spedizione comprendente due battaglioni eritrei, IX e X, reparti autocarrati della
            M.V.S.N.,  uno  squadrone  meharisti,  una  squadriglia  autoblindomitragliatrici,
            due pezzi da montagna autoportati, una sezione carri d’assalto, tre sezioni di
            autovettore armate, per un totale di 67 ufficiali, 636 uomini di truppa nazionali,
            1331  tra  eritrei  e  libici,  115  muletti  e  350  autocarri.   La  Regia  Aeronautica
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            86   O. MEZZETTI, Guerra in Libia op. cit., p. 154-155.
            87   Ivi, p. 46.
            88   A. BOLLATI, Enciclopedia dei nostri combattimenti coloniali op. cit., p. 326.


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